venerdì 27 dicembre 2019

China complex

Questo chart va bene ma non tiene conto della crescita della popolazione

Il quadro descritto da Olympe è veritiero ed è a mio avviso la turbolenza tipica di un' economia che deve necessariamente traghettarsi da un 44% di pil manifatturiero verso un 15-20% e sostituire la differenza con il terziario. Anche il 10% di pil dato dalle produzioni agricole si andrà riducendo. Ciò significa inurbare 20 milioni di contadini l'anno, dirigere le industrie verso produzioni sempre più labour saving -qualificate dal punto di vista del valore relativo, creare un più ampio ricco e stabilizzante mercato interno, il tutto inevitibilmente scendendendo sotto il 6% di crescita annua senza troppo infiammare gli animi degli abitanti. Tutta roba che sta già accadendo. Di rimbalzo i capitali a bassa composizione organica dei paesi limitrofi assorbono all' istante alcune lavorazioni dismesse. Per quanto riguarda il credito, ricordo che il peso del prestito "ombra" al di fuori della ufficialità pare sia ancora grande quanto il suo bisogno e scarsamente controllabile dal governo.

Possiamo anche notare che i passi che la Cina sta compiendo verso lo status di economia avanzata rendono in qualche modo il capitalismo cinese velocemente maturo e, nonostante questo, non riesce ancora a vivere in gran parte di rendita da lavoro altrui. Le cedole dei titoli di stato americani incassati dagli investitori cinesi sono prodotte dal commercio, con tutto ciò che questo implica, di merci...cinesi di cui Walmart rimane il più grande distributore mondiale - pigliandosi una bella tangente ecc. Probabilmente ha ragione chi si chiede se " il pianeta potrebbe reggere un paese con un miliardo e mezzo di abitanti" come leader -cioè rentier- del capitalismo globale.

A mio avviso il disaccoppiamento sul lungo termine delle due più grandi economie mondiali faceva già parte più dei piani cinesi che americani, viste le tempistiche dell' iniziativa "via della seta" ma, in definitiva, hanno tutti bisogno di tempo e la variabili sono in rapido processo. In questo senso la presidenza data a Trump è di una logica molto puntuale. Quando il gioco si farà scoperto ci accorgeremo delle ripercussioni.  

domenica 15 dicembre 2019

I live by the river


Per quel che ne so, non si è votato sul pessimo programma del Labour ma sul "finiamo questa storia: prima usciamo e poi vediamo". In ogni caso la Gran Bretagna non ne esce bene -la grana scozzese aspetta solo le prossime elezioni 2021 per scoppiare- e persino i Tory, inglobando ora tanto voto working class, ne uscirà totalmente trasformato. Nel loro programma si è preventivamente sorvolato sulla spesa pubblica.

Il progetto EU ne esce anche peggio.

Dalla tradizione di sinistra non solo è opportuno congedarsi ma occorre congedarsi velocemente pure dal congedo stesso. Se il termine di paragone rimane la sinistra borghese, variamente mutaforma e invariabilmente al fianco dello status quo sociale -mentre avversa senza vittorie quello politico, si vivrà oscillando fra "prima era meglio" e "un altro capitalismo è possibile", un opportunismo strutturale insomma, respingendo ciò che è inusitato in questo tempo feroce. 

Questo è un mio commento scritto a proposito della vittoria di Bojo alle elezioni nel Regno Unito e della speculare disfatta dei laburisti. Sotto invece articolo di Limes in cui si ricapitolano le tappe che portarono al progetto europeo, argomento già trattato abbondantemente nel blog, tanto per ribadire quanto poco ci sia da confidare nel futuro del vecchio continente, tra un pò ci sarà anche il tweettarolo a darsi da fare---




Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro della disintegrazione. Potenti tendenze centrifughe scuotono oggi dalle fondamenta l’Unione Europea, oscurando il solare e ingenuo ottimismo di quanti all’alba del nuovo millennio avevano salutato l’introduzione dell’euro e l’allargamento verso est come l’annuncio di un’Europa ormai geopoliticamente e culturalmente unita. L’Unione, questo si diceva, non solo si stava affacciando sulle grandi questioni di sicurezza e difesa, ma con l’affermazione della sovranità monetaria su diversi paesi europei aveva raggiunto un monopolio finora riconosciuto solo agli Stati nazionali. La cultura politica del totale ottimismo, come l’ha definita Majone 1, dominava il dibattito politico, accademico e mediatico. «L’Europa ha garantito cinquant’anni di stabilità, pace e prosperità economica», diventando «un modello di integrazione regionale in tutto il mondo», dichiarava trionfalmente il Libro bianco sulla «governance europea» della Commissione (2001).


sabato 23 novembre 2019

Jokes


Diceva bene Marx che la finanza è una bomba innescata sotto l' impianto capitalista, il comburente che ha fatto e fa  bruciare più in fretta le tappe verso il collasso.

Ma per l' appunto la finanza stessa può anche essere un rimedio e queste sono le politiche monetarie delle banche centrali; a ben guardare le uniche politiche che, lungi dal poter funzionare se non solo per alcuni soggetti economici, si sono coordinate a livello planetario, l' unico livello adeguato. Poi è arrivato Trump a volerci mettere il cappello.

Il trade deal con la Cina non va bene, ora è Donaldone che ha fretta di poter presentare qualcosa al suo elettorato e questo fattore lo pone in svantaggio: come prevedibile i dirigenti cinesi, con QE in piena attività e yuan in svalutazione, mostrano di non scomporsi più di tanto: hanno un mercato interno potenzialmente enorme da mettere a profitto, solide relazioni commerciali dall' Australia fino al Portogallo e al Sudafrica e suppongono di poter governare il decoupling con l' economia americana senza esporsi a troppi pericolosi scossoni.

Ma la dialettica non è un opinione e quindi una spina nel fianco ce l' hanno già a HK, dove la natura spiccatamente sociale del capitalismo gli si rivolge contro: il soffio vitale diviene il nervo scoperto del potere. Le forze produttive più emancipate piantano i piedi, non le tieni dentro i paletti con un cheese-burger a sostituire una ciotola di riso --- 


domenica 25 agosto 2019

Jackson Hole meglio che Biarritz

"In the longer term,
we need to change the game"


Weekend di incontri internazionali sotto i minacciosi nuvoloni delle crescenti tensioni attorno ad un sempre più difficile accordo sui dazi. Lo scricchiolio del decennale ciclo espansivo americano potrà essere decisivo in merito, non a caso Trump si sta orientando, per le prossime presidenziali, sulla linea di marketing "usato sicuro", abbandonando quella da "unto del Signore".

Poi ci sono gli abitanti di Hong Kong -fra i manifestanti si vedono molte classi sociali e di età- che ci hanno preso gusto a rompere le uova nel paniere dell' impero di Mezzo. Forse il controllo è diventato così soffocante da richiedere a tanti atomi sociali di gettare il proprio corpo nella lotta?

domenica 11 agosto 2019

Summertime

Tempo d' estate, tempo di mare. Pare s' andrà votare, anzi forse no. Propendo per un governo del presidente che in fondo va bene a tutti, anche ai dirigenti leghisti, cioè praticamente l' incarnazione della maggioranza di chi va a votare. Nel paese dove vivo, poche migliaia di anime in quel centro italia che consuma esattamente quanto produce, di tradizioni comunista quanto democristiana, la lega alle europee ha preso il 42%. Alle politiche la media nazionale. Qui vanno a votare dicendo che un secolo fa i fascisti, quelli passati alla storia intendo, picchettarono i seggi per impedire il voto. Non ho neanche la forza di obbiettare che forse a distanza di un secolo almeno il sospetto che già allora andare alle urne non fosse stata una gran idea gli sarebbe potuto venire. Andarci oggi poi. Non fossi così spossato mi piglierebbe una risatina ilare.
 
La situazione economica internazionale invece mostra crepe sempre più ampie: la earning season americana ha visto in parte fallire e in parte confermare le previsioni sugli utili del trimestre scorso  ma quello che risalta di più è la generalizzata riduzione delle prospettive per i prossimi trimestri, un abbassamento della guidance che coinvolge tutti i rami produttivi inclusi i beni ciclici.

sabato 15 giugno 2019

Shangai Cooperation Organization

Se non fosse che sono antagonisti per antonomasia,  si potrebbe pensare che "per Donaldone so' cazzi" . Ma l' egemonia ha intrapreso da tempo altre strade, anche se ancora oggi non si può prescindere completamente dalla geografia e dalla demografia. Anzi, mi viene da dire che, fra questi tre, due adottano usano strategie di dominio saldamente ancorate a terra. Putin, debole finanziariamente ma muscolarmente veloce nel proiettarsi militaremente fuori dai confini con tattiche molto efficaci; Xi Jinping invece ha una certa forza finanziaria (meno di quel che si pensa) ma soprattutto industriale e tecnologica e vede riuniti nella SCO praticamente tutti i paesi coinvolti nella Belt and Road Initiative. Modi è  quello che si vede nella foto: un paese enorme e dalle enormi potenzialità, l' unica democrazia rappresentativa per altro, a cui per ora tocca attendere facendo nel frattempo molta attenzione.---


domenica 9 giugno 2019

For what it's worth - il massacro di Pechino





 There's something happening here
What it is ain't exactly clear


Proseguendo nella linea editoriale modello "gazzettino finanziario mondiale", ho trovato questo bel grafico che ci illustra che il nero sull' economia capitalistica è appena agli esordi, prima che l' accordo sul commercio fra USA e Cina saltasse:

"Il mercato nel mese di Maggio ha fatto suonare la sveglia un po per tutti: "Houston, abbiamo un problema." Ed a mio parere la Fed può pure tagliare n volte... ma l' impatto a questo giro sarà molto debole nei fatti, se non buono per fare (appunto) qualche rimbalzello per un po' di brivido in più. Questo lo dico perché la tipologia di slowdown che si trovano di fronte stavolta non è un semplice rallentamento fisiologico da fine ciclo... ma è un qualcosa di autoinferto... qualcosa che impatta sulle supply chains costruite negli ultimi 20/25 anni e che avrà, se non si fermano in tempo, degli impatti epocali sulla geografia dei flussi commerciali e sulle architetture di interi sistemi paese. Insomma, non è per nulla uno scherzo. Le banche centrali possono al massimo attutire (forse) l' impatto ma il botto lo si sentirà certamente. Hai voglia a tagliare i tassi... se il global trade collassa (come sta accadendo dati alla mano...) purtroppo hai poco da fare."

Ora cambiamo argomento, ma non troppo, perchè tutto si tiene. Dal sito Chinafiles una ricostruzione di Tian' anmen (e scopriremo che è meglio chiamarlo "il massacro di Pechino" ) 30 anni fa, in quel particolare 1989, quando parecchi operai e molto pochi studenti si stufarono di una vita invivibile, così com' è sottoposta agli scossoni che ogni fase dello sviluppo capitalistico impone ovunque. Tutti vogliono vivere in pace, solo che per i più proprio non si può.---



Crediamo un po’ tutti di sapere qualcosa di quanto è successo in Cina, in particolare a Pechino, trent’anni fa. Classifichiamo genericamente i «fatti di Tian’anmen» come caratterizzati da proteste e richieste di riforme democratiche da parte degli studenti e dalla dura risposta del Partito comunista che portò al «massacro di Tian’anmen».
Sappiamo anche che Pechino ha cancellato quelle giornate dalla storia: non se ne parla, non se ne può parlare, non si trova niente al riguardo sulla rete cinese «armonizzata», ma non sarà più facile trovare un giovane cinese che ne sappia qualcosa. Questi sono tutti fatti piuttosto noti. In verità, però, nelle giornate di maggio e giugno 1989 confluirono molti più elementi.
Intanto in piazza c’era molta gente, studenti e non solo. Certo, le storie dei «leader» della piazza pechinese hanno avuto ampia attenzione mediatica anche anni dopo i fatti: alcuni sono riusciti a scappare, grazie alla solidarietà di molte persone; alcuni hanno raggiunto Hong Kong e da lì sono poi volati negli Stati Uniti.


domenica 19 maggio 2019

Il capitalismo non è eterno

È per sottrarsi a questo fato minaccioso che uomini, che, or sono quarant'anni, non vedevano salute che nel libero scambio,
oggi invocano con fervore il protezionismo pur tentando mascherarlo coi nomi di «commercio leale» e di reciprocità di tariffe. 


Alla fine il trade deal USA-Cina non è andato in porto, e comunque non sarebbe stata che una tregua. Le avvisaglie sono state quei inaspettati cedimenti americani sulla vitale questione della proprietà intellettuale, annunciati a fine aprile. Una finta, in realtà si chiedeva che  la Cina ammettesse implicitamente il furto e l' hackeraggio di brevetti USA. I cinesi si sono incazzati e hanno fatto saltare il banco. A me sembra che sia una prova di forza dei cinesi che forse ipotizzano di ridiscutere la questione con un altro presidente americano.

La risposta dura su Huawei degli americani e poi in controrisposta la svalutazione dello yuan, unitamente ad una asta di obbligazioni 10 anni americane andata vuota, hanno definitivamente chiuso la trattativa. In seguito a questo anche l' apertura di un fronte europeo dei dazi da parte di Trump è rimandata, questa è una buona notizia per gli europeisti.

Si chiude con questo articolo tratto dall' ultimo numero on line di n+1, il sito è quinterna.lab. Trovo che la rivista, radicata nelle vicende della sinistra comunista italiana, sia  un ottimo punto di vista per guardare al nostro complicatissimo presente, gravido di difficoltà come di possibilità. Devo dire che a volte vi trovo un uso disinvolto del marxismo, ma fa niente. Preziosa la visione di insieme che si offre, in particolare di una politica che letteralmente non gliela fa più a starci dietro.



Nella migliore delle ipotesi l'inconsistente anticapitalismo odierno si basa su di una critica morale a una cattiva ripartizione del reddito. L'operaio sarebbe sfruttato perché pagato "poco". Subito dopo, nella corrente scala dei valori, viene la teoria del cosiddetto attacco padronale: il capitalismo sarebbe un sistema taroccato per avvantaggiare i capitalisti a spese dei lavoratori. C'è chi dice, addirittura, che siccome nella formula del saggio di profitto il capitale costante e quello variabile (impianti e salari) sono al denominatore di una frazione, i capitalisti tramerebbero a favore della guerra generale, in modo da riequilibrare il sistema distruggendo capitale e ammazzando operai.

lunedì 6 maggio 2019

Le banche centrali hanno rotto il capitalismo

Articolo da Bloomberg di Alberto Gallo, portfolio manager di una nota società di intermediazione finanaziaria. Si mettono in evidenza  con una certa drammaticità le palesi incongruenze legate allo strettissimo stradello che porta al profitto nei  paesi a capitalismo maturo -dove nei secoli si sono depositati capitali su capitali che ora, come colesterolo, otturano lo scorrimento del plasma vitale:  la pietra filosofale del plusvalore che fa diventare oro tutto ciò che tocca, il balsamo che tutti i cancri guarisce

Ovviamente la scienza economica borghese non va così tanto per il sottile, non distinguendo tra profitto e plusvalore; non di meno la gestione della massa monetaria  e dei tassi d'interesse va ad incidere profondamente non solo sui margini di profitto ma anche testimonia della qualità capitalistica dell'area interessata. Attraverso la ragnatela dei flussi finanziari che investono in titoli di stato si controllano da remoto scelte politiche ed economiche, nella decisione su quale debba essere il tasso d' interesse si racchiudono i rapporti di forza tra i vari aggregati capitalistici, ognuno al suo grado di potenza o meno. L' ineguale sviluppo nessuno lo può lenire se non trasferendolo altrove.


È passato un decennio da quando la Federal Reserve e altre banche centrali hanno iniziato a tagliare i tassi di interesse a zero - o anche sotto - e iniettando quantità senza precedenti di denaro nel sistema finanziario globale tramite un allentamento quantitativo. E mentre gli stock globali sono a livelli prossimi o vicini, le banche centrali di tutto il mondo stanno abbandonando sempre più le loro speranze di normalizzare la politica con il rallentamento della crescita economica. Inoltre, i livelli di debito pubblico e privato sono più alti che mai.

martedì 30 aprile 2019

Tecno politica








 Da Aspenia a cura di Niccolo Serri

È interessante analizzare il cambio di paradigma prodotto dall’intelligenza artificiale prendendo in considerazione come le principali potenze stiano raccogliendo la sfida tecnologica dell’IA nell’ambito della propria strategia di sicurezza nazionale. In un quadro da nuova guerra fredda che vede Stati Uniti e Cina opposti in una lotta per l’egemonia di questo nuovo settore, l’Unione Europea resta indietro. Il vecchio continente manca di dinamicità e di grandi imprese ad alta tecnologia. Soprattutto, investe poco in IA. Per risollevarsi, Bruxelles dovrà investire con più decisione su un modello di sviluppo etico delle nuove tecnologie, culturalmente compatibile con i propri valori.

sabato 13 aprile 2019

In Libia inusitate strategie

Povera Italia! barzellette di un paese in forte crisi di rendita quindi di identità capitalistica, altro che storie. In ottima europea compagnia, mi vien da dire. Di seguito uno sconsolato Lucio Caracciolo ci illustra la costante della nostra secolare politica estera: fiutare da che parte tira il vento nel consesso internazionale senza una vera bussola. Non che da parte mia accusi nessuno di sotto-imperialismo, è che se non ci fosse da piangere mi verrebbe da ridere.



“Splende la pace in Tripoli latina, recando i dromedarii un sacro odore”

 È passato poco più di un secolo da quando Gabriele d’Annunzio così sobriamente cantava la conquista italiana della quarta sponda, su cui Italo Balbo avrebbe poi inventato la Libia. Di latino, o meno aulicamente d’italiano, a Tripoli e in quella che gli atlanti continuano a designare Libia – di fatto uno spezzatino geopolitico conteso tra milizie, etnie, tribù varie, e dalle potenze esterne che le sponsorizzano ai propri fini – è rimasto davvero poco.

domenica 24 marzo 2019

L' isola dei rifiuti

Anch' io, in un impeto mondano, do il mio contributo alla lotta contro il cambiamento climatico. Un pò mi vergogno, rispetto ai consumi personali sono sempre stato parecchio rilassato e, stante il fatto che non ho aspettato la crisi per non arrivare a fine mese, mi piace esagerare e non riesco ad avere per nulla la schiena diritta: tutto quello che il capitalismo produce a mio avviso va provato, assaggiato, toccato, visto ecc. Insomma sono corrotto fino al midollo e poco sensibile alla sobrietà e ai richiami ad un mondo più pulito.  Epperò non mi può non tornare in mente che la ricchezza, nel attuale modo di produzione, si presenta come un' immane raccolta di merci. Fatto il salto mortale, realizzato il loro valore sociale di scambio, probabilmente consumato il loro valore d' uso, eccole qui che ne tornano gli esoscheletri vuotati; le correnti oceaniche li hanno riuniti in una sterminata indistruttibile  colonia. 


Molti forse ignorano la sua esistenza: la grande "isola di plastica" del Pacifico è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, che secondo le ultime stime continua a crescere in maniera inarrestabile. Le navi e gli aerei della fondazione olandese Ocean Cleanup l’hanno percorsa in lungo e in largo e hanno contato 80mila tonnellate di frammenti in un’area grande tre volte la Francia. La massa di spazzatura e plastica, concentrata dalle correnti, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord, è rappresentata dalla superficie di oceano in cui la concentrazione di rifiuti supera il chilogrammo al chilometro quadro e, fattore preoccupante, è 16 volte più alta rispetto a quanto si stimasse fino a ieri.

domenica 10 marzo 2019

Surprise index

Stamattina, nella mia personale veloce rassegna stampa dei pochissimi blog che leggo regolarmente, mi ha irritato trovare già affrontati tutti quei temi a cui vagheggiavo dedicare questo post di oggi: transizione verso il nuovo modo di produzione, Algeria - paese verso cui nutro una attenzione storica particolare, ed i sempre più frequenti rumors su un prossimo crash degli high yield corporate bond - segnalato a suo tempo. Tipico arrivare tardi e trovarsi spiazzato.

Va bè, lasciamo stare la malinconia,  e badate a non investire i vostri sudaticci risparmi negli strumenti sbagliati. La ascoltatissima BIS (Bank of International Settlements), dopo IMF e altri, ha lanciato un allarme sulle obbligazioni societarie ad alto rendimento ( e rischio) che per il solo mercato americano valgono un bel mucchietto di dollaroni, somme che hanno del fantasmagorico e a cui il piccolo borghese guarda contemporaneamente con l' occhio scandalizzato e l' acquolina in bocca: 6,4 miliardi di miliardi. Parrebbe che circa 1 di questi 6,4 triliardi di bond societari, alla prima scossa recessiva americana, verrebbe declassato dal rating "investment grade" a "junk".  Se così fosse gli investitori istituzionali dovrebbero venderli perchè per statuto non possono detenerli in portafoglio, dando così la via alla rovinosa slavina del repricing.

domenica 3 marzo 2019

De ceto medio




Interessante articolo, da me sforbiciato delle premesse e conclusioni, del ricercatore sociale Salvatore Cominu apparso su Infoaut che, tralasciando di considerare le persistenti forzature concettuali del filone operaista ( la primazia del piano, nel senso di pianificazione, politico su quella economico, la sottolineatura esagerata dell' influenza delle passate lotte operaie ecc) mi sembra permetta di porsi in un buon angolo per osservare la precedente ascesa e l' odierna crisi del ceto intermedio all' interno di quella  presunta dinamica che molti chiamano di polarizzazione sociale.---

[...] Non è che sia molto soddisfatto della categoria di crisi del ceto medio, mi dice molto poco, anche perché se noi prendessimo documenti degli anni ‘50, degli anni ‘70, potremmo dedurne che il ceto medio sia da sempre in crisi; sia sempre descritto come attraversato da processi che, soprattutto da parte nostra, sono stati letti come proletarizzazione, impoverimento, processi che in qualche modo lo avvicinavano al nostro campo. Preferisco fare riferimento, per la lunga stagione che va dagli anni ‘50 agli anni ‘80 del secolo scorso in Italia, di un grande periodo di cetomedizzazione, un espressione di De Rita, tra l’altro trovo molto brutta, però ha anche dei meriti, il primo dei quali è quello di evidenziare il carattere processuale e in divenire, il “ farsi” del ceto medio in diversi settori della società italiana.

sabato 23 febbraio 2019

Il debito sia con noi



Il protezionismo è, nella migliore ipotesi, una vite senza fine, e non si sa mai quando sbarazzarsene.Proteggendo un'industria, direttamente o indirettamente danneggiate tutte le altre e quindi dovrete proteggere anche queste. Ma in tal modo danneggiate a sua volta l'industria che avete protetta per la prima e siete tenuti a compensarla: ma questo compenso reagisce come prima su tutti gli altri commerci, onde spetta a questi un compenso, e cosi via all'infinito.


Ovunque piovono pietre,  prima sugli italiani però. Fitch non ha declassato per ora nè il nostro debito nè l' outlook ma la situazione è ipertesa. Gli investitori internazionali vogliono rassicurazioni che dopo le europee cada questo governo e se ne faccia uno di centro-destra, con politiche volte ad non incrementare ulteriormente il rapporto deficit/pil all' interno dei paletti posti dalla crescita economica reale, mica le baggianate raccontate da Conte, Di Maio e Tria, che Salvini manda volentieri allo sbaraglio politico. Seguono le parole di un trader che ben riassumono la situazione italiana proiettandola nella attuale configurazione geopolitica, il confuso articolo sotto invece  è di Claudio Antonelli scritto per La Verità, ma che io ho scaricato da Dagospia.---

"Servono urgentemente aiuti che possono venire da vari paesi , in un periodo molto complicato che ci attende (rating in arrivo, elezioni europee, crollo del PIL e relativa manovra correttiva, spread, emissioni sul primario, ecc). Ragionavamo sul fatto che siamo facilmente ricattabili dai mercati, e dai governi che hanno in mano i timoni della finanza mondiale. Che siamo al tempo stesso un entità too big to fail ma anche , per questo essere molto ingombranti, anche una leva enorme da manovrare per interessi strategici all interno dell EU e nel mediterraneo. Concludevamo che la tenuta del sistema italia sarà determinata non solo dall' andamento della nostra economia tout court ma anche dalle alleanze internazionali che il governo riuscirà a tessere nei prossimi mesi."

Il numero due della Lega, Gian Carlo Giorgetti, non parla mai solo per dire una cosa. Di solito ogni messaggio ne contiene due. L' uscita sul rischio di andare incontro a una manovra correttiva da almeno 15 miliardi non solo annunciava la necessità di preparasi già ora alla stesura del Def, documento di economia e finanza, con cui il governo getta le basi per la manovra di fine ottobre. E al tempo stesso era l' amo per avviare un dialogo diretto con banche d' affari, fondi d' investimento e pure gli hedge, che di solito scommettono contro la nostra Borsa. Si tratta di capire quali siano le aspettative o - perché no - i suggerimenti in vista della stesura del Def. Sarà un periodo caldissimo.

domenica 3 febbraio 2019

De-globalizzazione monetaria ?

it's gas !

I rapporti fra divise prezzano i rapporti di forza fra le varie aree capitalistiche, dove però la trasmissione non è affatto 1:1.  Non è detto che la supremazia la si misuri meccanicamente con il metro di una moneta forte, ma con la possibilità di poterla posizionare dove conviene in quel momento.  L' U-turn del governatore Fed Jerome Powell sui prossimi step di rialzo dei tassi d' interesse è eloquente. A mio avviso anche questa lunga querelle politica sullo shutdown è concordata fra democratici e repubblicani per non far irrobustire troppo il biglietto verde, visto che gli USA sono gli unici al mondo a ritrovarsi un' economia che così ancora per un pò strapperà al rialzo mentre Cina ed in particolare l' Europa arrancano, il Giappone così così. Si sta cercando di porsi nel terreno migliore per riprendere quel pò di  controllo politico, nella misura del possibile, sui flussi finanziari globali, quelli stessi che determinano e sono espressi nelle loro operazioni dal dollar index, il rapporto di cambio del dollaro contro un paniere di monete.  La globalizzazione esprime tali asimmetrie che l' ente statuale, se riprendesse un minimo di controllo del proprio mercato interno, il  più ricco del mondo, ritroverebbe una rinnovata fonte di potere e legittimazione. Da qui un' altra prospettiva per leggere le esigenze  di aprire la  trade war contro Cina e EU.

A questo proposito negli ultimi mesi l' EU sembra perdere rapidamente punteggio sul piano economico e politico, le troppe faccenduole gestite con i piedi a partire dalla Grecia per giungere al labirinto della Brexit fanno pari con l'oramai sempre più evidente gap tecnologico  rispetto ai principali concorrenti, in primis nello sviluppo dell' intelligenza artificiale e dei big data. Mai come in queste settimane le borse europee aprono e chiudono strette tra gli umori prima di Tokyo e Shangai e dal pomeriggio in poi di New York. Il trattato di Aquisgrana, firmato in settimana da due leader fortemente indeboliti, getta ora le basi per un impegno franco-tedesco in campo militare, a quasi 30 anni da Maastricht. Gli analisti americani ancora ci ridono.

Tratto da Aspenia, l' articolo di Maurizio Sgroi ci parla dei complicatissimi equilibri, in egual misura geo-politici e geo-economici- in cui fluttuano le principali valute di scambio internazionale. Ancora una volta le relazioni in campo energetico sono un punto di vista privilegiato--- 


Nulla racconta meglio del tramonto di un impero quanto osservare le vicissitudini della sua moneta. Cento anni fa, quando ancora il mondo degli affari era denominato in sterline, la Grande Guerra segnò l’inizio del tramonto per il dominio di Londra nel mondo finanziario. Ma ci vollero alcuni decenni prima che la sterlina perdesse la sua supremazia. Solo nel secondo dopoguerra il dollaro si affermò definitivamente come principale valuta di riserva, nonché quale strumento del commercio internazionale e finanziario. La sterlina rimase dignitosamente a far presenza, come capiterà allo yen alcuni decenni dopo e più tardi ancora al giovane euro e al giovanissimo yuan, che solo di recente ha iniziato a muovere i suoi primi passi nel Grande Gioco valutario.

domenica 20 gennaio 2019

Sussidi a tutto campo

In attesa che riprenda lo scontro sui dazi  USA-EU, che non mancherà di riaccendersi dopo la tregua Trump-Juncker siglata in agosto, tregua dettata dall' urgenza di badare ad altri fronti, una rappresentanza delle parti trainanti dell' industria europea, cioè quella automobilistica e chimica tedesca, sembra richiedere  segni di svolta nelle linee guida che hanno caratterizzato fino a ieri la politica industriale e commerciale continentale (cioè confacente al modello tedesco).

Si prende atto della persistenza della crisi globale dei profitti, del mutamento di clima politico e si asseconda il diffondersi del protezionismo; siamo vicini alle prossime elezioni dopo tutto. La frenata europea (economica e politica) occorsa nel secondo semestre 2018 era già stata intravista e si chiedono interventi.

Come si leggerà, - l' articolo è di pochi giorni fa, di Jacob Hanke, ma il TDI si è tenuto nel settembre 2018- le problematiche vertono alla fin fine sul ruolo organizzativo-complessivo del ente statuale (che, nel caso comunitario, sembra depotenziato) in merito alle tattiche e strategie che portano - o meno- un' area del sistema-mondo al successo capitalistico. La debolezza della politica imperialista europea  viene fuori tutta, mentre  per i diretti concorrenti si può parlare ad esempio di China complex.---


L'industria tedesca ha lanciato oggi un'importante offensiva per garantire che la prossima Commissione europea prenda una linea più dura sulla Cina. In vista delle elezioni europee di quest'anno, la federazione industriale più influente della Germania chiede a Bruxelles di innalzare le difese dell'UE contro quella che considera una concorrenza sleale da Pechino. Fondamentalmente, il suo piano in 54 punti, ottenuto da Politico ["Politico" è la rivista da cui ho preso questo articolo], cerca un più potente ruolo per l' unità che si occupa della concorrenza nella Commissione Europea, mentre l'UE cerca di combattere le esportazioni sovvenzionate della Cina, la sua sovracapacità industriale e le acquisizioni societarie. Le proposte della Federazione delle Industrie Tedesche (BDI) offrono un segnale che Berlino e l'UE potrebbero gravitare verso una posizione più dura contro Pechino dopo la partenza dal blocco dei 28 del Regno Unito, più favorevole alla Cina.


lunedì 14 gennaio 2019

Black mirror

Sto seguendo la serie tv "Black mirror", ieri sera mi è toccato il secondo episodio della seconda stagione intitolato "Torna da me". La storia è presto detta: due giovani fidanzati inglesi vanno felici  a vivere nella vecchia casa di campagna, abbandonata da anni, dove lui è cresciuto con la madre. Tra le ragnatele, su una mensola, una foto del ragazzo ancora bambino: traendone spunto lui le racconta che l' unica reazione della madre alle morti -avvenute in successione e per motivi diversi- di suo fratello e poi del capofamiglia fu di levare tutte le foto dei deceduti e di portarle mestamente in soffitta.

martedì 1 gennaio 2019

Mi sacrifico per la felicità del genere umano


E' da stamattina presto che leggo riviste e quotidiani e non trovo neanche un articolo di mio interesse, nè  di quelli improntati a una retrospettiva e bilancio del 2018 e neppure tra quelli che ambirebbero a dare anticipazioni su "l' anno che verrà". Sotto traccia, il tema è unico: la valutazione della profondità della crisi del capitalismo globale. Si possono leggere considerazioni sul DEF italiano, sulla trade war o sul rallentamento globale, oppure sul prosciugamento della liquidità sui mercati finanziari, sulla brexit (che pasticcio !) o quelle di Gramsci sul capodanno, ma l' ansia è una sola. In tutto questo considerare e valutare sempre c'è un motivo scatenante, un capro espiatorio da additare, una vittima da compatire. A nessuno viene in mente che non è la musica ad essere stonata, è il pianista che è  preso via, seguendo il suo cuore.

L' articolo sotto, di tono leggero e brillante -ed è per questo che lo pubblico, è intitolato " Viaggio nelle fabbriche cinesi  di Babbo Natale" a firma di Gabriele Battaglia;  il mercato mondiale visto dalla più grande rivendita all’ingrosso di merci a basso costo del mondo. Stupenda la signora Yu, colei che " si sacrifica per la felicità del genere umano".---


I Babbi Natale sono decine, di tutti i tipi: alcuni sono dei manichini di dimensioni umane che si muovono a scatti diffondendo canzoncine natalizie, altri sono invece gonfiabili e più imponenti. Un pupazzo meccanico indossa una giacca di tartan scozzese invece della solita giubba rossa, ma a ipnotizzarmi è soprattutto una composizione corale: da un grande uovo esce Shengdan Lao (Babbo Natale in cinese) e abbraccia un pupazzo di neve con bombetta e mantello che lo aspetta lì fuori. Il tutto grande come un paio di frigoriferi, il tutto gonfiabile, il tutto in loop.
Una cacofonia di Jingle bells si contende lo spazio sonoro con altrettanti adattamenti di Feliz Navidad; sullo sfondo, l’ininterrotto ronzio dei motorini elettrici che gonfiano i Santa Claus pneumatici. Insomma, un baccano pazzesco. Nel negozio della signora Yu Qiaofang non c’è che l’imbarazzo della scelta. Le chiedo come mai tutti i pupazzi abbiano gli occhiali: “Babbo Natale è vecchio e deve indossarli”, mi risponde.
Alla fine ne scelgo uno gonfiabile che, attaccato alla presa di corrente, cresce in pochi secondi fino a un’altezza di due metri e dieci: è come avere in casa Dino Meneghin, largo però come due Bud Spencer. Il mio non ha gli occhiali, ma due occhi sgranati da manga giapponese. Qui tutto si contamina, ma il tocco creativo resta invariabilmente cinese.