domenica 31 gennaio 2016

La fantomatica coscienza di classe ( 4 )


quando tutti guardano da un'altra parte

Le mediazioni tra l'individuo e la potenza sociale vigente mutano al mutare delle esigenze di quest'ultima; non ci sono valori etici, postulati religiosi o tradizioni storiche che tengano

Le lotte che assumono posture resistenziali vengono spazzate via nell' irrilevanza o divengono un sepolcro imbiancato dove, tra amici, piacerà raccontarsi delle storie

Il rappresentarsi dell' atomizzazione sociale in cui, illusoriamente, ognuno ha un proprio originale ed individuale modo di approccio alla oggettività sociale -e al suo comando- è un altro modo per dire che la reificazione sociale ha una presa sempre più stretta ed efficace sugli atti e sui pensieri


martedì 26 gennaio 2016

Rimetti a noi i nostri debiti-il sistema bancario italiano in scena a Davos


Nuova puntata del romanzone che personalmente ho intitolato "Vedi l'Europa e poi muori". Non sono improvvisamente diventato un sovranista, più pragmaticamente penso che tra Repubblica Italiana ed Europa unita è un match Italia-Germania in cui, come va va, me lo piglio in quel posto a prescindere. Ma cosa sarà mai che la settimana scorsa ha scardazzato così a fondo le quotazioni delle banche italiane? I famosi NPLs ? Oppure le difficoltà  a far digerire a Bruxelles la nostrana bad bank? Nooo! Risibili le spiegazioni di Draghi sui questionari inviati alle 6 italiche banche "mal interpretati" dai mercati, vagamente complottista l'insinuazione di Padoan: " i nomi delle banche italiane a controllo sono stati diffusi immediatamente". La commedia planetaria più è ad alti livelli più mi fa ridere, per non piangere ovviamente, ma è sempre e comunque rivelatrice della guerra tra sovranità nazionali, alla faccia di chi le vede sul viale del tramonto. Di seguito una spiegazione, presa dall'Huffington Post di qualche giorno fa di Paola Pilati, di cosa si è mosso nel dietro le quinte di Davos per quel che riguarda la guerra in Europa. Anche interessante, dal punto di vista politico, le 6 pagine del paper della Luiss a cui si fa riferimento: c'è il link.---


Matteo Renzi farebbe bene ad accelerare il suo appuntamento con Angela Merkel, previsto il 29 gennaio. Perché la vera ragione della tempesta perfetta che ha messo in ginocchio le banche italiane non sta nell'isteria collettiva, nella speculazione, nel crollo del petrolio, nel rallentamento della Cina. Ma sta in Germania, e a un indirizzo preciso: la Bundesbank. Non diciamo che la banca centrale tedesca ne sia il mandante, per carità, ma è da Francoforte che partono tutte le perplessità sul sistema bancario italiano, e dove stanno maturando proposte che puntano a mettere un cappio ai paesi con debito pubblico troppo alto come il nostro, per evitare che i meccanismi di salvataggio europei possano salvare i peccatori a spese dei virtuosi.

domenica 24 gennaio 2016

Le nuove vie dei commerci mondiali

California dreaming
on such a winter's day

Breve articolo che mette a fuoco come il Capitale, anche in tempi di crisi nera, è obbligato ad ampliare in continuazione le infrastrutture su cui far correre il valore. Ferrovie, canali, strade, reti informatiche, il mondo è un groviglio di connessioni tese a appianare il ripido sentiero che porta alla accumulazione. "Il capitalismo è incapace di dominare lo spirito della nuova tecnica che esso stesso ha generato" diceva un noto bolscevico nel 1928; oggi legittimamente nutro qualche dubbio in proposito, o meglio: al capitalismo non interessa comprendere le basi del proprio processo, esso dispone spontaneamente uomini e cose affinchè esso avvenga, il resto fa parte del talk show planetario.


Un tempo la geografia era la meno innovativa delle discipline scientifiche. Montagne, ghiacciai, mari non cambiavano mai. L’uomo aveva colonizzato il pianeta ma non ne aveva sostanzialmente mutato l’aspetto. Si potevano approfondire le conoscenze, con l’aiuto di fisica, chimica e quant’altro, ma era ben difficile dire qualcosa di nuovo.

Poi i ghiacciai hanno cominciato a ritirarsi, le agglomerazioni urbane ad allargarsi. Si sono costruiti strade e ponti, ferrovie e canali e i geografi sono tornati a lavorare davvero. Anche perché oggi geografia fa rima con economia e strategia, con antropologia, climatologia e demografia. Attraverso la geografia, e soprattutto la geografia economica, passa un nuovo tentativo di sintesi delle scienze umane.

domenica 17 gennaio 2016

I mobili confini dell' area sub sahariana

Il  punto di vista di chi, nel Islam politico storico e oltre, vuole riscrivere i confini, i modi e gli uomini dello Stato, di solito viene bollato come jihadista. Ma siamo certi che partire dalla matrice religiosa sia di aiuto a capire? O forse il controllo delle anime rimanda ad intenti ben più profani? L' attacco di ieri in Burkina-Faso, con la oramai consueta tattica di guerriglia "per saturazione", allarga ancora di più l'area in discussione. 


Se la minaccia dello Stato Islamico (IS) in Tunisia, Egitto e Libia rende critico il panorama geopolitico del Nordafrica, spostandosi poco più a sud nel continente la situazione non appare più rosea. Sahel e Corno d’Africa presentano una pletora di gruppi armati che rinnovano la minaccia terroristica nelle retrovie dell’Africa settentrionale, rendendo la situazione sul terreno sempre più grave e urgente. Boko Haram (BH) in Nigeria e nei paesi della regione del Lago Ciad, Aqim (al-Qaida nel Maghreb Islamico), al-Mourabitoun e Ansar Eddine fra Mali, Niger, Burkina Faso e Costa D’Avorio, al-Shaabab in Somalia e Kenya. Queste le sigle, senza dimenticare l’esercito di reclute pronte al martirio: migliaia di giovani senza lavoro né prospettive che si trovano costretti a scegliere fra l’“avventura” verso l’Eldorado-Fortezza-Europa e le promesse di giustizia, ricchezza terrena e salvezza ultraterrena del jihad contemporaneo. Sullo sfondo, qui come altrove, si staglia la lotta intestina fra al-Qaida e Daesh che rivaleggiano e si contendono il potere perpetuando insicurezza e destabilizzazione di ampie zone del continente che sfuggono al controllo di stati, dispositivi militari stranieri (Francia e Usa, ma non solo) e fallimentari missioni di pace delle Nazioni Unite.

sabato 9 gennaio 2016

PEG d' Arabia


I produttori di  materie prime sono in difficoltà ovunque, quella che sia la commodity che hanno da offrire ai mercati mondiali. Una meraviglia del Capitale che sta acuendo le tensioni geopolitiche un pò ovunque, a riprova che è il lavoro salariato la delizia e la maledizione del Capitale.Tutti gli attori sono presenti, tutti si vedono come protagonisti, al proletariato internazionale la parte del convitato di pietra, il ruolo di chi è sommamente presente eppure senza voce in capitolo, se non nei sogni di qualcuno o negli incubi di qualcun altro. 

Riproduco qui sotto un articolo che tratta del cambio riyal saudita/dollaro statunitense, fortemente sotto pressione e che rischia di frantumare il cambio fisso (PEG) contro dollaro garantito dalla banca centrale saudita. Considerando come stanno bruciando le riserve valutarie c'è qualcosa di poco chiaro nella loro strategia. Non si sa bene ad esempio a quanto ammontino le ricoperture con swap, derivati che si usano di solito per ammortizzare le perdite in caso di alta volatilità di un rapporto di cambio. Può darsi che alcuni principi della famiglia Saud stiano giocando in proprio e contro lo stato che governano, forse in un prolungamento della guerra di succesione al re Abdullah, morto un anno fa. Quello che è certo è che se re Salman vuole continuare la sua politica dispendiosa e poco prudente -tra cui: l'impegno bellico in Yemen e le altre tensioni con un Iran appena "riabilitato", la tattica all' interno del OPEC, la svolta nei rapporti con gli Stati Uniti- qualcosa è da rivedere.

«Faccio questo lavoro da oltre venti anni, ma una situazione simile, una guerra petrolifera di questo livello non l'avevo mai vista. E, francamente, non pensavo avrei mai potuto assistere a qualcosa di simile». Sono le parole che un trader di commodities con base a Londra mi ha detto ieri al telefono, parlando della lotta per la conquista di quote di mercato del greggio, con Usa, Russia e Arabia Saudita schierati l'uno contro l'altro per sopravvivere ai prezzi in area 35-40 dollari al barile. Ma, ancora una volta, sembra Ryad la parte in campo posizionata peggio, quasi un paradosso visto che la guerra è stata scatenata proprio da lei nel dicembre del 2014, quando decise in seno all'Opec di non tagliare la produzione, dando vita alla più grossa saturazione di mercato da decenni. 

mercoledì 6 gennaio 2016

Mar della Cina, isole Spratly

Mentre gli occhi di tutto il mondo sono puntati sul Medio Oriente, il low profile dell' imperialismo cinese si forza un pò la mano in un area strategica per gli interessi dell' Impero di Mezzo.---

HONG KONG/PECHINO, 5 gennaio (Reuters) - Il primo atterraggio di un aereo cinese su un'isola artificiale nel Mar cinese meridionale ha messo in evidenza come le infrastrutture di Pechino nella regione contesa siano state ultimate e come verranno inevitabilmente utilizzate per voli militari.

venerdì 1 gennaio 2016

Enclosure: il land grabbing africano


Nel tentativo di verificare sul campo le migliori analisi teoriche sulle modalità con cui il Capitale tende ad espandere in continuazione la propria base ri-produttiva, sia in estensione che in intensità, oggi esamino un fenomeno che in Europa fu tipico, ma non lì confinato, dell' epoca dell' accumulazione originaria: l' enclosure delle terre, qui nella peculiare formulazione che assume oggi, ma non da oggi, nel continente nero. Collaterale al cambio di proprietà, la  risposta di chi ci smena da questo processo sembrerebbe non cogliere l' inevitabilità della concentrazione dei mezzi di produzione agricola, la creazione di uno sfruttamento economico di scala. Non uso per metodo l' analogia storica ma anche qui, oggi, la protesta -con ONG occidentali come speaker, forse anche proprio grazie a questo- parrebbe essere condotta in nome degli interessi della comunità contadina e pastorale -storicamente radicata contrapposta al Capitale; quella comunità che sovente contiene già la struttura, differita nel tempo e quindi poco appariscente, che porta al suo proprio tramonto, magari accelerato da mani forestiere.
Di seguito un' ottima analisi di Giuliano Martiniello sul fenomeno di espropriazione delle terre - pubblicata sull' ultimo numero di Limes dedicato alla questione africana. Contesto all' autore solo una aspettativa un pò astratta circa il Diritto, da quello locale a quello internazionale.---


1. L’8 APRILE 2012, NEL DISTRETTO RURALE di Amuru nell’estremo Nord dell’Uganda, al confine con il Sud Sudan, è scoppiata una veemente protesta, guidata da un nutrito gruppo di donne. A scatenarla, il tentativo del governo di Kampala e della compagnia Sugar Works di avviare i lavori per una piantagione di canna da zucchero di circa 40 mila ettari. Storie analoghe si sono moltiplicate negli ultimi anni, non solo in Africa, spingendo ong internazionali, gruppi di monitoraggio per i diritti umani, organizzazioni di comunità e movimenti sociali a denunciare l’ondata di acquisizioni di terra su larga scala, definendole in termini negativi come «land grabbing». Dall’altro lato della barricata, Stati e istituzioni finanziarie internazionali classificano invece questo processo come un’opportunità di sviluppo, tracciando linee guida non vincolanti per favorire forme di «investimento responsabile».

I media internazionali hanno avuto il merito di aver attirato l’attenzione su temi scottanti come le espropriazioni della terra, le devastazioni ambientali, la sovranità alimentare e la gestione delle risorse idriche. Tuttavia, essa ha contribuito a costruire una narrazione ipersemplificata che impedisce di cogliere la storicità e le specificità del fenomeno delle acquisizioni territoriali.