sabato 31 ottobre 2015

Ammazzafegato


E' vero, la disoccupazione al 11,8% -e nell' area euro è un punto meno- non sembra essere di per sè un problema ingestibile per l'ordine sociale vigente, si campa dei gruzzoli passati  accumulati dalle famiglie. Nel 2007 pensavo che i risparmi durassero meno e si avesse prima di oggi qualche vera fiammata, invece i piccoli capitali passati, con piccole rendite urbane e non, e le pensioni sembrano sopperire a salari e stipendi all osso, oppure nulli, o parziali e neri

 'A nuttata non è per ora passata, rimane per le borghesie il punto dirimente di operare altra distruzione di capitale perchè a tutt'oggi quella già incorsa sembra essere insufficiente a risolvere i problemi di redditività al capitale industriale, non solo nelle economie mature ma pure in quelle che aspirano a uscire dal momento industriale più pionieristico -che si intreccia ad un certo punto con una qualità capitalistica bassa, l' imperialismo dei capitali esteri a bassa composizione organica e, oppure, della semplice fornitura di materie prime, parecchio esposta a rischiosità dal punto di vista del valore.

venerdì 23 ottobre 2015

Spazio al Capitale !


La bulimica fame di guadagni porta ad allargare ancora e ancora i confini dello spazio che si può mettere a profitto, a partire da quello esistenziale degli individui. Ma lasciamo da parte soggettive malinconie e avventuriamoci nella scia del businnes interstellare, in cui figurano anche gli italiani, non a caso conosciuti come popolo di navigatori, come di un' altra mezza dozzina di cose.---


I privati sono da tempo protagonisti del settore spaziale in qualità di costruttori e sviluppatori dei satelliti e dei veicoli con e senza equipaggio. Gli Stati Uniti hanno aperto un nuovo fronte delle attività commerciali in orbita terrestre, e noi lo analizziamo

IL RUOLO DEI PRIVATI – Quando si parla del settore privato nello spazio, si fa spesso erroneo riferimento alle aziende che negli ultimi anni stanno ottenendo degli exploit nell’ambito dei programmi avviati dalla NASA (di cui parleremo in seguito). In realtà il settore commerciale è da tempo inserito nell’ambito delle costruzioni spaziali, con aziende nel ruolo di appaltatori o sub-appaltatori. Tutti gli oggetti spaziali, che siano satelliti, sonde interplanetarie o veicoli con equipaggio, sono commissionati dalle agenzie spaziali o da clienti privati alle aziende che da anni operano nel settore.

domenica 18 ottobre 2015

Economic warfare


"L' Imperialismo fase suprema del capitalismo" è un testo che ha un secolo di vita e la lungimiranza di Lenin, data dal acume critico e dal metodo,  ne fa un testo-chiave per capire la nostra attualità -essendosi nel frattempo compiute le condizioni adatte per il poderoso dispiegamento del imperialismo unitario: rete del mercato mondiale, lingua e moneta del commercio internazionale omogenee, infrastrutture di collegamento, rimozione sostanziale dei retaggi tradizionali ecc- e, tanto più grave, rimane per lo più incompreso dagli anti-imperialisti o che si suppongono tali.
Fanno molto meglio, in generale, gli analisti di geopolitica che almeno non si nascondono dietro miserrime istanze come "ripristinare il dialogo civile tra nazioni", "un altro mondo è possibile" e non condannano moralmente una volta l' "Occidente" e l'altra il "Nord del mondo". 
Si introduce qui il concetto di economic warfare, una modulazione del famoso:"la guerra non è che la continuazione della politica con altri mezzi -che a sua volta è la continuazione dell' economia con altri mezzi ancora: a parità di efficacia userai il modo meno costoso per perseguire la tua strategia di potenza". 

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L’economic warfare è un concetto in continua evoluzione ed espansione di pari passo con l’avanzare della globalizzazione. Accanto ai metodi tradizionali di embargo e sanzioni economiche si sta ad oggi sviluppando una molteplicità di strumenti alternativi per minare le capacità – economiche e non – dei propri avversari

CONCETTO TRADIZIONALE – Il concetto di economic warfare può essere applicato a ogni tipo di conflitto tra due nazioni che non comporta l’intervento di forze armate, prediligendo una mobilitazione delle strutture economiche volte ad indebolire l’avversario. Se tali azioni sono soprattutto concentrate in tempo di guerra, affiancando azioni militari, nel corso degli anni la nozione di economic warfare ha subito radicali ampliamenti a seguito delle interconnessioni economiche dovute dalla globalizzazione, facendone un concetto liquido e di più difficile interpretazione. Scopo della guerra economica è, a oggi, quello di influenzare le decisioni dei Paesi obiettivo senza l’uso della forza.

sabato 17 ottobre 2015

Cicale, formiche, mantidi - Per una entomologia del insetto sociale


"Cicale o formiche? Questo è il dilemma" che ci pone il dominio del Capitale tramite la sua irrazionale logica ancor prima che attraverso i suoi speakers media-etici ed ideologici. E se rimandassimo al mittente l' alternativa tra consumatori compulsivi ed indebitati contro risparmiatori tirchi e stitici ma con i conti in ordine ? Ce li avrei, io, dei conti da pareggiare, ma è che stamane, ancora più stringente (la fase anale non è, evidentemente, superata), è che  stamane, dicevo, nelle mie oramai rigide meningi, si è fatta strada una ampia proposta programmatica: farci mantidi in attiva -cioè dialettica- attesa del inaspettabile.


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Nell’immaginario europeo siamo soliti considerare il cittadino continentale come risparmiatore, rispetto a quello americano visto, invece, come un dissipatore, spesso anche assai indebitato. Non si tratta di una banalizzazione tra buoni e cattivi, ma di una consuetudine ormai radicata che nasconde anche alcune verità.

 Dagli inizi degli anni ’80, con l’avvento della Reaganomics, gli americani hanno spesso vissuto sopra ai loro mezzi, vale a dire utilizzando il debito come strumento per coprire la differenza tra reddito disponibile e spese sostenute. Tale abitudine è divenuta, purtroppo, una consuetudine consolidata e non sorprende che la percentuale di risparmio del cittadino medio sia una delle più basse al mondo.

sabato 10 ottobre 2015

Siria: il sottile confine tra realismo e cinismo


Pescato stamane dal sito dell' ISPI, un articolo-quadro sul rompicapo siriano in cui alcune grandi potenze globali (USA, paesi europei di tradizione coloniale ) si muovono manifestamente a casaccio, sorpassate in capacità di iniziativa da medie potenze locali in lotta fra loro per la supremazia regionale. Fa caso a sè l' interventismo del muscolare zar di tutte le russie.
Il concetto di imperialismo unitario, causa e non effetto della globalizzazione capitalistica, quando indossa i panni della congiuntura particolare si dissimula nelle varie volontà di potenza dei diversi attori, portatori di contrapposti interessi economici ed ideologici che insistono su una determinata  area.
Il Medio Oriente a volte appare come "waste land" ma anch' esso, una volta che è "messo a lavoro", cioè a profitto, in altre parole spremute le risorse naturali e soprattutto quelle umane delle masse diseredate, produce una ricchezza su cui tutti coloro che aspirano al dominio vogliono mettere le mani. ---
 

Per i più ottimisti, quelli che pensavano che l’Iran deal avrebbe portato la soluzione per ogni male del Medio Oriente, la doccia fredda è arrivata subito. È arrivata in Siria, dove col rafforzamento dell’Iran, la disperazione del regime e le accentuate insicurezze saudite, le cose non si sono affatto risolte. Anzi, si sono complicate. La verità, semmai, è che l’Iran deal ha incrementato gli incentivi delle potenze regionali per continuare il conflitto. Teheran, forte di una rinnovata posizione internazionale e di centinaia di miliardi in arrivo nel suo budget sfiancato, non vede alcun motivo per smettere proprio ora di combattere. Se prima poteva ottenere 10, ora può ragionevolmente sperare di ottenere 100. Dall’altra parte, i sauditi e i loro alleati del Golfo hanno visto poche firme su un trattato spazzare via la loro tranquilla egemonia regionale. Dopo aver sgominato la minaccia dei Fratelli Musulmani in Egitto ora l’Iran si affaccia come un pericolo ben maggiore al quale non si può più concedere niente. Se prima in Siria sarebbero stati disposti, forse, a concedere 5 per ottenere 10, ora che ai loro occhi l’Iran ha ricevuto 100 dall’Occidente non gli si può più concedere niente. Da nessuna parte. In Yemen e, soprattutto, in Siria.

lunedì 5 ottobre 2015

Vivere? Credevo di potere



Vivere? Credevo di potere; così come credevo
che attorno a me altri credessero;
ma la somma dei giorni dell'esperienza cresceva
dissipando cortine nebulose, intorno a fredde
matematiche di forza.

sabato 3 ottobre 2015

La tecnologia che riconosce le emozioni

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La disarmante genuinità della forma merce passa sempre più dalle tecnologie interattive che, vulgata racconta, si piegano docilmente allo specifico umano. E se fosse il contrario? Lungi dall'essere una novità, alla domanda che pongo qualcuno tempo fa rispose così:

[...] In generale, l'individuo non è solo il sostrato biologico, ma - nello stesso tempo - la forma riflessa del processo sociale, e la sua coscienza di se stesso come di un essente-in-sé è l'apparenza di cui ha bisogno per intensificare la propria produttività, mentre di fatto l'individuato, nell'economia moderna, funge da semplice agente della legge del valore. Di qui occorre dedurre, non solo la sua funzione sociale, ma l'intima struttura dell'individuo in sé. Decisiva, nella fase attuale, è la categoria della "composizione organica del capitale" [...] La  modificazione nella composizione tecnica del capitale  si continua negli individui, afferrati e, in realtà, direttamente costituiti dalle esigenze tecnologiche del processo di produzione. Cresce, cosí, la composizione organica dell'uomo. Il lato per cui i soggetti sono determinati in se stessi come strumenti di produzione e non come fini viventi, cresce come la parte delle macchine rispetto al capitale variabile.
La tesi corrente della "meccanizzazione" dell' uomo è ingannevole, in quanto concepisce I'uomo come un ente statico, sottoposto a certe deformazioni ad opera di un "influsso" esterno, e attraverso l'adattamento a condizioni di produzione esterne al suo essere. In realtà, non c'è nessun sostrato di queste "deformazioni", non c'è un'interiorità sostanziale, su cui opererebbero - dall' esterno - determinati meccanismi sociali: la  deformazione non è una malattia che colpisce gli uomini, ma è la malattia della società, che produce i suoi figli come la proiezione bìologistica vuole che li produca la natura; e cioè "gravandoli di tare ereditarie"

Sul tema propongo un articolo di Websim.it che illustra la tecnologia -sviluppata da una start up italiana- che riconosce le emozioni che passano sul viso di uno spettatore di un video ed in tempo reale rimonta la prosecuzione della visione a seconda delle reazioni -che ha letto precedentemente sulla faccia  dell'utente. Che cosa di meglio per customizzare la pubblicità cioè per cogliere appieno le aspettative -non del cliente- ma del Capitale ?-----

venerdì 2 ottobre 2015

Carry trade


Dopo un paio di post che più astratti non si può, rilassiamoci con un pò di analisi finanziaria. Tra le meraviglie del Capitale nella sua forma liquida (qui l' indigente sociologo Bauman non c'entra) mi ha sempre colpito il carry trade, ovvero l' abilità di alcuni operatori nell' indebitarsi in valute a buon mercato, cioè con bassi tassi d'interesse, cambiare con buona tempistica i soldi ottenuti in un altra divisa e in ultimo comprarci altrove titoli governativi a reddito fisso o, in seconda battuta, bond societari. Poichè l'apprezzamento/deprezzamento reciproco di ognuno di questi strumenti è in continuo aggiornamento su tutte le borse mondiali, per lo stesso motivo  sviluppo e prospettive devono essere valutate in maniera ineguale per ogni singolo paese. Così i trader approfittano di questi differenziali di rendimento -a volte persino centesimali, limature- che però moltiplicati per le enormi cifre impiegate -ottenute, lo ripeto, a debito, fruttano colossali profitti, sempre che si azzecchi  strategia. Tutto ciò fa del carry trade uno degli impieghi finanziari che spostano più liquidità in assoluto ogni giorno. Qui di sotto un recente articolo dal Sole 24 ore sulle ultime mutazioni dei flussi di capitali impegnati nel carry trade, il tutto basato su un accurato studio della Bank for  International Settlements, flussi grandemente influenzati delle svolte di politica monetaria da parte delle autorità preposte.---

Aspettando la Fed, il nostro Godot contemporaneo, conviene osservare che i mercati, che si nutrono di aspettative assai più che di informazioni, già da un pezzo stanno prezzando la divergenza fra le politiche monetarie delle banche centrali angloamericane e quelle di Europa e Giappone.
Tale circostanza emerge con chiarezza nell’ultima Quarterly review della Bis che analizza le conseguenze visibili di tale fenomeno relativamente agli aspetti monetari e finanziari.