La concorrenza isola gli individui, non solo i borghesi, ma ancor più i proletari, ponendoli gli uni di fronte agli altri , benché li raccolga insieme. Perciò passa molto tempo prima che questi individui possano unirsi, senza tener conto che i mezzi necessari per questa unione - se non deve essere puramente locale, - le grandi città industriali e le comunicazioni rapide e a basso prezzo, devono essere prima prodotti dalla grande industria; e perciò non è possibile vincere, se non dopo una lunga lotta, tutte le forze organizzate contro questi individui che vivono isolati e in condizioni che riproducono quotidianamente l’isolamento.
Ricondurre la faccenda dei big data a un semplice attacco alla privacy è badare alla paglia e non alla trave che si ha nell'occhio: contenti loro, al netto delle significative magagne che porta con sè il concetto di privacy. Queste tecnologie serviranno a conoscerci davvero, ad organizzare la produzione e la distribuzione in maniera razionale, senza plus da realizzare, senza sussunzione dietro alle spalle da cui guardarci. Nel frattempo però questo è lo scenario con cui dobbiamo dialetticamente misurarci... ---
Una delle regioni più povere della Cina – il Guizhou – è diventato
una sorta di avamposto tecnologico scommettendo sui Big Data. Come ha
sottolineato la professoressa di sociologia alla Zhejiang University Li
Jing su Sixth Tone, la regione «ospita il settore dell’economia
digitale in più rapida espansione del paese, cresciuto del 37% nel
2017, rispetto alla media nazionale del 20,3%».
Nella zona high tech di Guiyang, il capoluogo di regione, solo nella prima metà del 2018 sono state registrare «16.000 aziende tecnologiche, 155 istituti di ricerca e 49 incubatori tecnologici»; la zona ha attratto «85.000 professionisti da tutto il paese» e solo nel 2017, 37 startup che si occupano di dati e algoritmi sono state quotate in borsa. Si tratta dell’esplosione di quella che alcuni definiscono come la post-internet era, già quotidianità in Cina.
Nella zona high tech di Guiyang, il capoluogo di regione, solo nella prima metà del 2018 sono state registrare «16.000 aziende tecnologiche, 155 istituti di ricerca e 49 incubatori tecnologici»; la zona ha attratto «85.000 professionisti da tutto il paese» e solo nel 2017, 37 startup che si occupano di dati e algoritmi sono state quotate in borsa. Si tratta dell’esplosione di quella che alcuni definiscono come la post-internet era, già quotidianità in Cina.
Secondo il Financial Times i Big Data «cambieranno per
sempre il sistema di governance cinese», secondo altri analisti daranno
un immenso potere al partito comunista, secondo altri ancora, come
Yasheng Huang, professore del Mit Sloan School of Management, potrebbero
invece portare «a una nuova ventata di libertà personali». Tutte queste
riflessioni finiscono per insistere sul sistema dei «crediti sociali»
cui Pechino pensa da tempo e che dovrebbe formalizzare in un piano
nazionale nel 2020.