venerdì 27 dicembre 2019

China complex

Questo chart va bene ma non tiene conto della crescita della popolazione

Il quadro descritto da Olympe è veritiero ed è a mio avviso la turbolenza tipica di un' economia che deve necessariamente traghettarsi da un 44% di pil manifatturiero verso un 15-20% e sostituire la differenza con il terziario. Anche il 10% di pil dato dalle produzioni agricole si andrà riducendo. Ciò significa inurbare 20 milioni di contadini l'anno, dirigere le industrie verso produzioni sempre più labour saving -qualificate dal punto di vista del valore relativo, creare un più ampio ricco e stabilizzante mercato interno, il tutto inevitibilmente scendendendo sotto il 6% di crescita annua senza troppo infiammare gli animi degli abitanti. Tutta roba che sta già accadendo. Di rimbalzo i capitali a bassa composizione organica dei paesi limitrofi assorbono all' istante alcune lavorazioni dismesse. Per quanto riguarda il credito, ricordo che il peso del prestito "ombra" al di fuori della ufficialità pare sia ancora grande quanto il suo bisogno e scarsamente controllabile dal governo.

Possiamo anche notare che i passi che la Cina sta compiendo verso lo status di economia avanzata rendono in qualche modo il capitalismo cinese velocemente maturo e, nonostante questo, non riesce ancora a vivere in gran parte di rendita da lavoro altrui. Le cedole dei titoli di stato americani incassati dagli investitori cinesi sono prodotte dal commercio, con tutto ciò che questo implica, di merci...cinesi di cui Walmart rimane il più grande distributore mondiale - pigliandosi una bella tangente ecc. Probabilmente ha ragione chi si chiede se " il pianeta potrebbe reggere un paese con un miliardo e mezzo di abitanti" come leader -cioè rentier- del capitalismo globale.

A mio avviso il disaccoppiamento sul lungo termine delle due più grandi economie mondiali faceva già parte più dei piani cinesi che americani, viste le tempistiche dell' iniziativa "via della seta" ma, in definitiva, hanno tutti bisogno di tempo e la variabili sono in rapido processo. In questo senso la presidenza data a Trump è di una logica molto puntuale. Quando il gioco si farà scoperto ci accorgeremo delle ripercussioni.  

domenica 15 dicembre 2019

I live by the river


Per quel che ne so, non si è votato sul pessimo programma del Labour ma sul "finiamo questa storia: prima usciamo e poi vediamo". In ogni caso la Gran Bretagna non ne esce bene -la grana scozzese aspetta solo le prossime elezioni 2021 per scoppiare- e persino i Tory, inglobando ora tanto voto working class, ne uscirà totalmente trasformato. Nel loro programma si è preventivamente sorvolato sulla spesa pubblica.

Il progetto EU ne esce anche peggio.

Dalla tradizione di sinistra non solo è opportuno congedarsi ma occorre congedarsi velocemente pure dal congedo stesso. Se il termine di paragone rimane la sinistra borghese, variamente mutaforma e invariabilmente al fianco dello status quo sociale -mentre avversa senza vittorie quello politico, si vivrà oscillando fra "prima era meglio" e "un altro capitalismo è possibile", un opportunismo strutturale insomma, respingendo ciò che è inusitato in questo tempo feroce. 

Questo è un mio commento scritto a proposito della vittoria di Bojo alle elezioni nel Regno Unito e della speculare disfatta dei laburisti. Sotto invece articolo di Limes in cui si ricapitolano le tappe che portarono al progetto europeo, argomento già trattato abbondantemente nel blog, tanto per ribadire quanto poco ci sia da confidare nel futuro del vecchio continente, tra un pò ci sarà anche il tweettarolo a darsi da fare---




Uno spettro si aggira per l’Europa: lo spettro della disintegrazione. Potenti tendenze centrifughe scuotono oggi dalle fondamenta l’Unione Europea, oscurando il solare e ingenuo ottimismo di quanti all’alba del nuovo millennio avevano salutato l’introduzione dell’euro e l’allargamento verso est come l’annuncio di un’Europa ormai geopoliticamente e culturalmente unita. L’Unione, questo si diceva, non solo si stava affacciando sulle grandi questioni di sicurezza e difesa, ma con l’affermazione della sovranità monetaria su diversi paesi europei aveva raggiunto un monopolio finora riconosciuto solo agli Stati nazionali. La cultura politica del totale ottimismo, come l’ha definita Majone 1, dominava il dibattito politico, accademico e mediatico. «L’Europa ha garantito cinquant’anni di stabilità, pace e prosperità economica», diventando «un modello di integrazione regionale in tutto il mondo», dichiarava trionfalmente il Libro bianco sulla «governance europea» della Commissione (2001).