Dialogando con una compagna, che usava la successione in fasi da keynesiana a neo-liberista, obbiettavo che " i paesi leader del capitalismo mondiale hanno sempre proceduto con il doppio passo". Dicendo questo non intendevo contestare la periodizzazione storica dal novecento fino a noi in keynesismo di guerra-di pace-neoliberismo ma intendevo contestare quel che di ideologico, a mio avviso, vi è contenuto. E' vero che: " lo Stato ha perso ruolo quale regolatore del meccanismo della riproduzione sociale, di garante e interprete dei principi costituzionali e della loro estrinsecazione nella sfera della legislazione, lasciando esposto il lavoro alla condizione darwiniana del mercato"; è altrettanto vero che la statalizzazione dell'economia ha preso sempre più spazio quantitativo e in progressione geometrica proprio a partire dal palesarsi della fine della fase keynesiana. Insomma la profondità della dialettica Capitale-Stato è tutta da capire e non ci si può accontentare -come vuole l' opinione comune e non della compagna in questione- di assegnare una posizione ancillare ad uno o all' altro [ ironicamente, il grafico di Bloomberg ne illustra un singolo aspetto].
A questo proposito articolo del 2012 di Quinterna.org che guarda alla unità dinamica dello Stato e del Capitale, al loro rapporto contraddittorio -e proprio in virtù di questo- di rivitalizzazione reciproca, al fatto che la crisi degli Stati esprime sempre più chiaramente la mutata distribuzione dell' interesse generale borghese che ha assunto forme compatte a livello planetario e sempre più particolari e puntiformi a livello locale. La asfittica vicenda europea oppure le provocazioni "avanguardistiche" di Trump di questo parlano: i tanti personaggetti in scena si affannano a cercare di strutturare e trattenere a livello nazionale il fugace momento espansivo dell' economia, forse già al suo epilogo.---
A questo proposito articolo del 2012 di Quinterna.org che guarda alla unità dinamica dello Stato e del Capitale, al loro rapporto contraddittorio -e proprio in virtù di questo- di rivitalizzazione reciproca, al fatto che la crisi degli Stati esprime sempre più chiaramente la mutata distribuzione dell' interesse generale borghese che ha assunto forme compatte a livello planetario e sempre più particolari e puntiformi a livello locale. La asfittica vicenda europea oppure le provocazioni "avanguardistiche" di Trump di questo parlano: i tanti personaggetti in scena si affannano a cercare di strutturare e trattenere a livello nazionale il fugace momento espansivo dell' economia, forse già al suo epilogo.---
La
tesi che sta alla base della presente esposizione è semplice: più Stato non
vuol dire meno capitalismo bensì il contrario; nello stesso tempo vuol dire
capitalismo vecchio e decrepito, che ha bisogno di medicine salva-vita per
evitare il collasso. Quali sono i sintomi? C'è una cura? I sintomi cercheremo
di descriverli, la cura semplicemente non c'è più.