California dreaming
on such a winter's day
on such a winter's day
Breve articolo che mette a fuoco come il Capitale, anche in tempi di crisi nera, è obbligato ad ampliare in continuazione le infrastrutture su cui far correre il valore. Ferrovie, canali, strade, reti informatiche, il mondo è un groviglio di connessioni tese a appianare il ripido sentiero che porta alla accumulazione. "Il capitalismo è incapace di dominare lo spirito della nuova tecnica che esso stesso ha generato" diceva un noto bolscevico nel 1928; oggi legittimamente nutro qualche dubbio in proposito, o meglio: al capitalismo non interessa comprendere le basi del proprio processo, esso dispone spontaneamente uomini e cose affinchè esso avvenga, il resto fa parte del talk show planetario.
Un tempo la geografia era la meno innovativa delle discipline scientifiche. Montagne, ghiacciai, mari non cambiavano mai. L’uomo aveva colonizzato il pianeta ma non ne aveva sostanzialmente mutato l’aspetto. Si potevano approfondire le conoscenze, con l’aiuto di fisica, chimica e quant’altro, ma era ben difficile dire qualcosa di nuovo.
Poi i ghiacciai hanno cominciato a ritirarsi, le agglomerazioni urbane ad allargarsi. Si sono costruiti strade e ponti, ferrovie e canali e i geografi sono tornati a lavorare davvero. Anche perché oggi geografia fa rima con economia e strategia, con antropologia, climatologia e demografia. Attraverso la geografia, e soprattutto la geografia economica, passa un nuovo tentativo di sintesi delle scienze umane.
Proviamo a fare una breve rassegna dei cambiamenti in atto che riguardano i trasporti, e in particolare la quantità senza precedenti di merci che si muove da un capo all’altro di un mondo globalizzato e che è destinata ad aumentare sensibilmente in futuro. Cominciamo, fuori conto, con una variazione “naturale”: forse, grazie al global warming, si sta aprendo il “passaggio a Nord-Est”, la rotta che dai porti del Mare dell’Europa settentrionale gira attorno alle penisole artiche dalla Siberia e permette così di raggiungere l’Asia sudorientale con un percorso che è poco più di un terzo di quello classico attraverso Gibilterra, il canale di Suez, lo stretto di Malacca. Agibile, per ora, in maniera saltuaria (è percorsa solo d’estate da qualche decina/centinaia di navi all’anno) ma potrebbe essere di importanza capitale in futuro.
La rivoluzione principale riguarda le ferrovie, di gran lunga preferibili alle strade per il trasporto delle merci. La più importante è la Nuova Transiberiana che congiunge la città cinese di Chongqing alla città tedesca di Duisburg e consente, teoricamente in una settimana, il trasferimento di merci tra i due terminali (in pratica il tempo quasi raddoppia per i controlli doganali di diversi stati). Altri progetti ferroviari (tra i quali un collegamento ad alta velocità tra Pechino e Mosca) sono allo studio. Il finanziamento potrebbe arrivare in gran parte dalla Asian Infrastructure Investment Bank - costituita, per iniziativa cinese, nell’autunno 2014, alla quale hanno aderito molti paesi, tra cui l’Italia - che a regime dovrebbe disporre di un capitale sociale di 100 miliardi di dollari.
La Cina sta investendo anche in una futura ferrovia transcontinentale sudamericana che dal Brasile dovrebbe portare in Colombia, Perù e Cile. Il progetto (50 miliardi di franchi svizzeri, i cinesi cercano di esprimersi in dollari il meno possibile) è stato annunciato durante una visita in Brasile compiuta nel maggio 2015 dal primo ministro cinese. Progetti come questo ribaltano la struttura sudamericana dei trasporti, risalente all’epoca coloniale, che privilegiava gli spostamenti via mare e che non aveva mai collegato via terra le due coste dell’America Meridionale se non con piccole strade e piccole ferrovie, scarsamente agibili, attraverso le Ande.
Iniziative ferroviarie cinesi stanno prendendo corpo anche nell’Africa orientale. Secondo una recente intesa, una linea ferroviaria collegherà Uganda, Ruanda, Burundi e Sudan meridionale, sostituendo e sensibilmente migliorando una precedente linea costruita dagli inglesi nell’era coloniale. La Exim Bank of China dovrebbe coprire gran parte del costo. Come il progetto sudamericano, questa linea dovrebbe essere dedicata principalmente al trasporto di merci, ossia delle materie prime africane verso l’Asia. Altri sviluppi ferroviari a opera dei cinesi sono in esecuzione in Colombia, allo scopo di collegare Pacifico e Atlantico evitando il canale di Panama. Il raddoppio di questo canale, finanziato largamente dagli Stati Uniti, sta avvenendo anche con la partecipazione di imprese italiane. L’Egitto, dal canto suo, ha appena inaugurato un ampliamento del canale di Suez. Ed è allo studio un canale che attraversi la penisola di Malacca
Si configura, in definitiva, una vera e propria “guerra dei canali e delle ferrovie” per “incanalare” verso certe rotte l’enorme mole aggiuntiva di commercio mondiale che ci si attende con il sensibile aumento della produzione e del consumo in molti paesi emergenti (alla quale si potrebbe aggiungere una “guerra europea dei gasdotti”). In questa “guerra” solo la strategia cinese appare chiara: la cosiddetta “via della seta” si estende ormai a tutto il mondo con rami che si intrecciano, un po’ come facevano gli inglesi ai tempi dell’Impero Britannico, quando, per sicurezza, costruivano linee di trasporto e di comunicazioni telegrafiche tra loro parallele. In questo quadro di cambiamento, l’Europa appare in ritardo e piuttosto introspettiva (rete ferroviaria ad Alta Velocità, canale sotto la Manica). Anche questo è un segno dei tempi che cambiano.
Poi i ghiacciai hanno cominciato a ritirarsi, le agglomerazioni urbane ad allargarsi. Si sono costruiti strade e ponti, ferrovie e canali e i geografi sono tornati a lavorare davvero. Anche perché oggi geografia fa rima con economia e strategia, con antropologia, climatologia e demografia. Attraverso la geografia, e soprattutto la geografia economica, passa un nuovo tentativo di sintesi delle scienze umane.
Proviamo a fare una breve rassegna dei cambiamenti in atto che riguardano i trasporti, e in particolare la quantità senza precedenti di merci che si muove da un capo all’altro di un mondo globalizzato e che è destinata ad aumentare sensibilmente in futuro. Cominciamo, fuori conto, con una variazione “naturale”: forse, grazie al global warming, si sta aprendo il “passaggio a Nord-Est”, la rotta che dai porti del Mare dell’Europa settentrionale gira attorno alle penisole artiche dalla Siberia e permette così di raggiungere l’Asia sudorientale con un percorso che è poco più di un terzo di quello classico attraverso Gibilterra, il canale di Suez, lo stretto di Malacca. Agibile, per ora, in maniera saltuaria (è percorsa solo d’estate da qualche decina/centinaia di navi all’anno) ma potrebbe essere di importanza capitale in futuro.
La rivoluzione principale riguarda le ferrovie, di gran lunga preferibili alle strade per il trasporto delle merci. La più importante è la Nuova Transiberiana che congiunge la città cinese di Chongqing alla città tedesca di Duisburg e consente, teoricamente in una settimana, il trasferimento di merci tra i due terminali (in pratica il tempo quasi raddoppia per i controlli doganali di diversi stati). Altri progetti ferroviari (tra i quali un collegamento ad alta velocità tra Pechino e Mosca) sono allo studio. Il finanziamento potrebbe arrivare in gran parte dalla Asian Infrastructure Investment Bank - costituita, per iniziativa cinese, nell’autunno 2014, alla quale hanno aderito molti paesi, tra cui l’Italia - che a regime dovrebbe disporre di un capitale sociale di 100 miliardi di dollari.
La Cina sta investendo anche in una futura ferrovia transcontinentale sudamericana che dal Brasile dovrebbe portare in Colombia, Perù e Cile. Il progetto (50 miliardi di franchi svizzeri, i cinesi cercano di esprimersi in dollari il meno possibile) è stato annunciato durante una visita in Brasile compiuta nel maggio 2015 dal primo ministro cinese. Progetti come questo ribaltano la struttura sudamericana dei trasporti, risalente all’epoca coloniale, che privilegiava gli spostamenti via mare e che non aveva mai collegato via terra le due coste dell’America Meridionale se non con piccole strade e piccole ferrovie, scarsamente agibili, attraverso le Ande.
Iniziative ferroviarie cinesi stanno prendendo corpo anche nell’Africa orientale. Secondo una recente intesa, una linea ferroviaria collegherà Uganda, Ruanda, Burundi e Sudan meridionale, sostituendo e sensibilmente migliorando una precedente linea costruita dagli inglesi nell’era coloniale. La Exim Bank of China dovrebbe coprire gran parte del costo. Come il progetto sudamericano, questa linea dovrebbe essere dedicata principalmente al trasporto di merci, ossia delle materie prime africane verso l’Asia. Altri sviluppi ferroviari a opera dei cinesi sono in esecuzione in Colombia, allo scopo di collegare Pacifico e Atlantico evitando il canale di Panama. Il raddoppio di questo canale, finanziato largamente dagli Stati Uniti, sta avvenendo anche con la partecipazione di imprese italiane. L’Egitto, dal canto suo, ha appena inaugurato un ampliamento del canale di Suez. Ed è allo studio un canale che attraversi la penisola di Malacca
Si configura, in definitiva, una vera e propria “guerra dei canali e delle ferrovie” per “incanalare” verso certe rotte l’enorme mole aggiuntiva di commercio mondiale che ci si attende con il sensibile aumento della produzione e del consumo in molti paesi emergenti (alla quale si potrebbe aggiungere una “guerra europea dei gasdotti”). In questa “guerra” solo la strategia cinese appare chiara: la cosiddetta “via della seta” si estende ormai a tutto il mondo con rami che si intrecciano, un po’ come facevano gli inglesi ai tempi dell’Impero Britannico, quando, per sicurezza, costruivano linee di trasporto e di comunicazioni telegrafiche tra loro parallele. In questo quadro di cambiamento, l’Europa appare in ritardo e piuttosto introspettiva (rete ferroviaria ad Alta Velocità, canale sotto la Manica). Anche questo è un segno dei tempi che cambiano.
Mario Deaglio
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.