Nel tentativo di verificare sul campo le migliori analisi teoriche sulle modalità con cui il Capitale tende ad espandere in continuazione la propria base ri-produttiva, sia in estensione che in intensità, oggi esamino un fenomeno che in Europa fu tipico, ma non lì confinato, dell' epoca dell' accumulazione originaria: l' enclosure delle terre, qui nella peculiare formulazione che assume oggi, ma non da oggi, nel continente nero. Collaterale al cambio di proprietà, la risposta di chi ci smena da questo processo sembrerebbe non cogliere l' inevitabilità della concentrazione dei mezzi di produzione agricola, la creazione di uno sfruttamento economico di scala. Non uso per metodo l' analogia storica ma anche qui, oggi, la protesta -con ONG occidentali come speaker, forse anche proprio grazie a questo- parrebbe essere condotta in nome degli interessi della comunità contadina e pastorale -storicamente radicata contrapposta al Capitale; quella comunità che sovente contiene già la struttura, differita nel tempo e quindi poco appariscente, che porta al suo proprio tramonto, magari accelerato da mani forestiere.
Di seguito un' ottima analisi di
Giuliano Martiniello sul fenomeno di espropriazione delle terre -
pubblicata sull' ultimo numero di Limes dedicato alla questione
africana. Contesto all' autore solo una aspettativa un pò astratta circa
il Diritto, da quello locale a quello internazionale.---
1. L’8 APRILE 2012, NEL DISTRETTO RURALE di Amuru nell’estremo Nord dell’Uganda, al confine con il Sud Sudan, è scoppiata una veemente protesta, guidata da un nutrito gruppo di donne. A scatenarla, il tentativo del governo di Kampala e della compagnia Sugar Works di avviare i lavori per una piantagione di canna da zucchero di circa 40 mila ettari. Storie analoghe si sono moltiplicate negli ultimi anni, non solo in Africa, spingendo ong internazionali, gruppi di monitoraggio per i diritti umani, organizzazioni di comunità e movimenti sociali a denunciare l’ondata di acquisizioni di terra su larga scala, definendole in termini negativi come «land grabbing». Dall’altro lato della barricata, Stati e istituzioni finanziarie internazionali classificano invece questo processo come un’opportunità di sviluppo, tracciando linee guida non vincolanti per favorire forme di «investimento responsabile».
I media internazionali hanno avuto il merito di aver attirato l’attenzione su temi scottanti come le espropriazioni della terra, le devastazioni ambientali, la sovranità alimentare e la gestione delle risorse idriche. Tuttavia, essa ha contribuito a costruire una narrazione ipersemplificata che impedisce di cogliere la storicità e le specificità del fenomeno delle acquisizioni territoriali.