"...Un paese arretrato assimila le conquiste materiali e intellettuali dei paesi avanzati. Ma ciò non significa che li segua servilmente, ripercorrendo le fasi del loro passato. La teoria del ripetersi dei cicli storici -propria del Vico e dei suoi discepoli- si basa sull' osservazione dei cicli compiuti dalle vecchie culture precapitalistiche e in parte sulle prime esperienze dello sviluppo capitalistico. Il carattere provinciale ed episodico di tutto questo processo comportava effettivamente un certo ripetersi delle fasi culturali in centri sempre nuovi. Ma il capitalismo segna il superamento di tali condizioni. Esso ha preparato e, in un certo senso, realizzato l'universalità e la continuità del progresso umano. Di conseguenza, resta esclusa la possibilità di un ripetersi delle forme di sviluppo da parte di paesi diversi. Costretto a mettersi a rimorchio dei paesi avanzati, un paese non segue lo stesso ordine di successione: il privilegio di una situazione storicamente arretrata -poichè esiste tale privilegio- autorizza o, più esattamente, costringe un popolo ad assimilare tutto quello che è stato fatto prima di una determinata data, saltando una serie di fasi intermedie. I selvaggi rinunciano all' arco e alle frecce per prendere immediatamente il fucile, senza ripercorrere la distanza che nel passato ha separato queste due armi. Gli europei che colonizzavano l' America, non riprendevano la storia dall' inizio. [...] Lo sviluppo di un paese storicamente arretrato porta necessariamente a una combinazione originale delle diverse fasi del processo storico. L' orbita acquista, nel suo insieme, un carattere irregolare, complesso, combinato. la possibilità di saltare le fasi intermedie, va da sè, non è affatto assoluta: in ultima analisi, è limitata dalle capacità economiche e culturali del paese.[...] La legge razionale della storia non ha nulla a che vedere con schemi pedanteschi. L' ineguaglianza dello sviluppo, che è la legge più generale del processo storico, si manifesta con maggior vigore e complessità nelle sorti dei paesi arretrati. Sotto la sferza delle necessità esterne, lo loro cultura in ritardo è costretta ad avanzare a salti. Da questa legge universale della ineguaglianza deriva un' altra legge che, in mancanza di una denominazione più appropriata, può essere definita legge dello sviluppo combinato e vuole indicare l' accostarsi di diverse fasi, il combinarsi di diversi stadi, il mescolarsi di forme arcaiche con le forme più moderne."
Ennesima finestra sui paesi BRICS a valutarne la posizione nelle charts mondiali dello sviluppo economico e politico. Emerge che le posizioni nel 2015 si sono ulteriormente differenziate. La gestione della crisi internazionale dei profitti è una brutta gatta da pelare: se la cavano peggio i più ricchi di materie prime; meglio chi si è dimostrato, facendo di certa debolezza la propria forza, più abile e sottile nella risposta organizzativa di carattere politico.
Il 2015 ha visto un allargamento delle fessure all’interno dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che nei primi anni della crisi finanziaria iniziata nel 2008 si erano staccati come un gruppo compatto con elevati tassi di crescita, valute forti rispetto a quelle dei paesi del nord Atlantico, e richiesta di maggiore voce nelle decisioni di politica economica internazionale.
La crescita economica in alcuni di questi paesi secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale è rimasta nel 2015 superiore alla media dei paesi avanzati (2%). Tuttavia, a un’India fortemente dinamica (+7,3%) e a una Cina che cresce a ritmi più contenuti che in passato, ma comunque elevati (6,8%), si contrappongono il significativo rallentamento del Sudafrica (1,4%), e cali della produzione in Brasile (-3%) e Russia (-3,8%), nonostante politiche fiscali essenzialmente espansive. Dall’estate del 2014 la valuta brasiliana è calata del 42%, il rublo del 46%, il rand sudafricano del 22%, e anche le autorità cinesi sono intervenute per invertire la graduale e pilotata rivalutazione dello yuan che aveva caratterizzato gli ultimi anni. Come conseguenza del rafforzamento del dollaro e del recente aumento dei tassi d'interesse da parte della banca centrale degli Stati Uniti, il 2015 sarà il primo anno dai lontani anni Ottanta in cui il saldo complessivo dei movimenti di capitale rischia di essere negativo per i paesi emergenti. Il ventaglio dei tassi di crescita e delle condizioni di stabilità macroeconomica tra i paesi emergenti di spicco si è quindi allargato, venendo ad assomigliare in misura maggiore alla diversificazione all’interno dei paesi Ocse, che vedono gli Stati Uniti e il Regno Unito in crescita, sia pure con politiche monetarie debolmente restrittive, l’area euro con una performance mista, e il Giappone ritornare a tassi di crescita che restano deboli nonostante la continua espansione monetaria.
Evidentemente il calo della domanda mondiale (e quindi dei prezzi) delle materie prime favorisce la crescita degli importatori come India e Cina e danneggia gli esportatori come Russia e Brasile, ma la differenza nella performance economica riflette anche in maniera significativa le scelte e gli errori della leadership di alcuni paesi: l’invasione dell’Ucraina e conseguenti sanzioni per la Russia, i problemi di corruzione e l’eccessivo allargamento fiscale in Brasile, le discutibili scelte in campo di politica fiscale (culminate con il recente avvicendamento di tre ministri delle Finanze nel giro di una settimana) in Sudafrica. In altre parole, non basta più essere un Brics – o un membro dell’Unione Europea – per avere la patente di paese economicamente dinamico o stabile. Bisogna dimostrarlo giorno per giorno.
Anche sul fronte delle trattative internazionali – per esempio la conferenza di Parigi sul cambiamento climatico recentemente conclusa con un accordo relativamente convincente – i cinque paesi avevano inizialmente fatto blocco, insistendo sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate e sulla necessità di un impegno finanziario dei paesi più sviluppati, ma hanno alla fine acconsentito al testo concordato. Questa maggiore assunzione di responsabilità sullo scenario internazionale è coerente con il ruolo di maggior rilievo che questi paesi hanno richiesto per anni e hanno iniziato a ottenere, se necessario mediante azioni unilaterali. Dal 1° ottobre 2016 lo yuan diventerà la quinta valuta nel paniere che determina il valore dei diritti speciali di prelievo del Fondo Monetario Internazionale, con un peso (11%) superiore allo yen e alla sterlina. La Banca Asiatica per l’Investimento in Infrastrutture, a prevalente azionariato cinese ma con la partecipazione della maggioranza dei paesi occidentali, inizierà a operare nel 2016, e la nuova Banca di Sviluppo dei Brics – con capitale e diritti di voto equamente divisi tra i cinque paesi ma aperta ad altri azionisti – è stata inaugurata a Shanghai nel luglio 2015, anche se per ora la sua principale manifestazione è stata un sito internet piuttosto scarno che dichiara che uno dei suoi scopi è di offrire “un’alternativa alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale dominati dagli Stati Uniti”.
Se la ripresa americana ed europea si consoliderà nei prossimi anni, aiutata da una continuata moderazione nei prezzi delle materie prime, i paesi “virtuosi” di qualunque livello di reddito dovrebbero beneficiarne. La campagna elettorale negli Stati Uniti – dove anche Hillary Clinton, la candidata più credibile, ha espresso posizioni ambivalenti a proposito del recentemente concluso accordo commerciale della Trans-Pacific Partnership – verosimilmente ne ritarderà un'eventuale approvazione da parte del Congresso. Questo da un lato sarebbe un colpo alle ambizioni statunitensi di essere coloro che scrivono le “regole del gioco” nel campo del commercio internazionale, ma dall’altro eliminerebbe un possibile motivo di tensione tra Stati Uniti e Cina, che non ha espresso interesse a partecipare e ha promosso alleanze commerciali alternative tra i paesi dell’Asia. Assistiamo quindi a performance economiche più miste, e a sforzi da entrambe le parti di estendere aree di influenza commerciale e politica, giocati però con simili canali di diplomazia commerciale ed economica, in fori di discussione internazionale. In un certo senso, stiamo diventando tutti un po’ più simili. Il seguito agli accordi di Parigi sul cambiamento climatico sarà un interessante test di quanto le relazioni economiche internazionali siano maturate e di quanto sia possibile collaborare tra paesi a diversi livelli di sviluppo di fronte a sfide globali.
Il 2015 ha visto un allargamento delle fessure all’interno dei Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che nei primi anni della crisi finanziaria iniziata nel 2008 si erano staccati come un gruppo compatto con elevati tassi di crescita, valute forti rispetto a quelle dei paesi del nord Atlantico, e richiesta di maggiore voce nelle decisioni di politica economica internazionale.
La crescita economica in alcuni di questi paesi secondo le stime del Fondo Monetario Internazionale è rimasta nel 2015 superiore alla media dei paesi avanzati (2%). Tuttavia, a un’India fortemente dinamica (+7,3%) e a una Cina che cresce a ritmi più contenuti che in passato, ma comunque elevati (6,8%), si contrappongono il significativo rallentamento del Sudafrica (1,4%), e cali della produzione in Brasile (-3%) e Russia (-3,8%), nonostante politiche fiscali essenzialmente espansive. Dall’estate del 2014 la valuta brasiliana è calata del 42%, il rublo del 46%, il rand sudafricano del 22%, e anche le autorità cinesi sono intervenute per invertire la graduale e pilotata rivalutazione dello yuan che aveva caratterizzato gli ultimi anni. Come conseguenza del rafforzamento del dollaro e del recente aumento dei tassi d'interesse da parte della banca centrale degli Stati Uniti, il 2015 sarà il primo anno dai lontani anni Ottanta in cui il saldo complessivo dei movimenti di capitale rischia di essere negativo per i paesi emergenti. Il ventaglio dei tassi di crescita e delle condizioni di stabilità macroeconomica tra i paesi emergenti di spicco si è quindi allargato, venendo ad assomigliare in misura maggiore alla diversificazione all’interno dei paesi Ocse, che vedono gli Stati Uniti e il Regno Unito in crescita, sia pure con politiche monetarie debolmente restrittive, l’area euro con una performance mista, e il Giappone ritornare a tassi di crescita che restano deboli nonostante la continua espansione monetaria.
Evidentemente il calo della domanda mondiale (e quindi dei prezzi) delle materie prime favorisce la crescita degli importatori come India e Cina e danneggia gli esportatori come Russia e Brasile, ma la differenza nella performance economica riflette anche in maniera significativa le scelte e gli errori della leadership di alcuni paesi: l’invasione dell’Ucraina e conseguenti sanzioni per la Russia, i problemi di corruzione e l’eccessivo allargamento fiscale in Brasile, le discutibili scelte in campo di politica fiscale (culminate con il recente avvicendamento di tre ministri delle Finanze nel giro di una settimana) in Sudafrica. In altre parole, non basta più essere un Brics – o un membro dell’Unione Europea – per avere la patente di paese economicamente dinamico o stabile. Bisogna dimostrarlo giorno per giorno.
Anche sul fronte delle trattative internazionali – per esempio la conferenza di Parigi sul cambiamento climatico recentemente conclusa con un accordo relativamente convincente – i cinque paesi avevano inizialmente fatto blocco, insistendo sul principio delle responsabilità comuni ma differenziate e sulla necessità di un impegno finanziario dei paesi più sviluppati, ma hanno alla fine acconsentito al testo concordato. Questa maggiore assunzione di responsabilità sullo scenario internazionale è coerente con il ruolo di maggior rilievo che questi paesi hanno richiesto per anni e hanno iniziato a ottenere, se necessario mediante azioni unilaterali. Dal 1° ottobre 2016 lo yuan diventerà la quinta valuta nel paniere che determina il valore dei diritti speciali di prelievo del Fondo Monetario Internazionale, con un peso (11%) superiore allo yen e alla sterlina. La Banca Asiatica per l’Investimento in Infrastrutture, a prevalente azionariato cinese ma con la partecipazione della maggioranza dei paesi occidentali, inizierà a operare nel 2016, e la nuova Banca di Sviluppo dei Brics – con capitale e diritti di voto equamente divisi tra i cinque paesi ma aperta ad altri azionisti – è stata inaugurata a Shanghai nel luglio 2015, anche se per ora la sua principale manifestazione è stata un sito internet piuttosto scarno che dichiara che uno dei suoi scopi è di offrire “un’alternativa alla Banca Mondiale e al Fondo Monetario Internazionale dominati dagli Stati Uniti”.
Se la ripresa americana ed europea si consoliderà nei prossimi anni, aiutata da una continuata moderazione nei prezzi delle materie prime, i paesi “virtuosi” di qualunque livello di reddito dovrebbero beneficiarne. La campagna elettorale negli Stati Uniti – dove anche Hillary Clinton, la candidata più credibile, ha espresso posizioni ambivalenti a proposito del recentemente concluso accordo commerciale della Trans-Pacific Partnership – verosimilmente ne ritarderà un'eventuale approvazione da parte del Congresso. Questo da un lato sarebbe un colpo alle ambizioni statunitensi di essere coloro che scrivono le “regole del gioco” nel campo del commercio internazionale, ma dall’altro eliminerebbe un possibile motivo di tensione tra Stati Uniti e Cina, che non ha espresso interesse a partecipare e ha promosso alleanze commerciali alternative tra i paesi dell’Asia. Assistiamo quindi a performance economiche più miste, e a sforzi da entrambe le parti di estendere aree di influenza commerciale e politica, giocati però con simili canali di diplomazia commerciale ed economica, in fori di discussione internazionale. In un certo senso, stiamo diventando tutti un po’ più simili. Il seguito agli accordi di Parigi sul cambiamento climatico sarà un interessante test di quanto le relazioni economiche internazionali siano maturate e di quanto sia possibile collaborare tra paesi a diversi livelli di sviluppo di fronte a sfide globali.
Alessandro Pio per ISPIonline 22 dic 15 con il titolo: "BRICS e non"
Se non ci fosse stato Google, avrei dovuto chiederti il nome dell'autore del brano in esergo.
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