giovedì 17 settembre 2015

Aritmetica del debito


Il debito pubblico diventa una delle leve più energiche dell’accumulazione originaria: come con un colpo di bacchetta magica, esso conferisce al denaro, che è improduttivo, la facoltà di procreare, e così lo trasforma in capitale, senza che il denaro abbia bisogno di assoggettarsi alla fatica e al rischio inseparabili dall’investimento industriale e anche da quello usurario. In realtà i creditori dello Stato non danno niente, poiché la somma prestata viene trasformata in obbligazioni facilmente trasferibili, che in loro mano continuano a funzionare proprio come se fossero tanto denaro in contanti. Ma anche fatta astrazione dalla classe di gente oziosa, vivente di rendita, che viene cosi creata, e dalla ricchezza improvvisata dei finanzieri che fanno da intermediari fra governo e nazione, e fatta astrazione anche da quella degli appaltatori delle imposte, dei commercianti, dei fabbricanti privati, ai quali una buona parte di ogni prestito dello Stato fa il servizio di un capitale piovuto dal cielo, il debito pubblico ha fatto nascere le società per azioni, il commercio di effetti negoziabili di ogni specie, l’aggiotaggio: in una parola, ha fatto nascere il giuoco di Borsa e la bancocrazia moderna. (Il Capitale I)

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Nella Civiltà Capitalistica c'è una relazione profonda tra accumulazione, debito complessivo (pubblico e privato) e sistema fiscale, fattori che condensati (centralizzati) in una data area di sfruttamento prendono la forma del nostro caro stato-nazione. In Italia, ma non solo, data la tendenziale facilità dei ceti parassitari a moltiplicarsi, l'uso della leva debito/fiscalità di classe è storicamente strutturale. Propongo la riflessione di un analista finanziario, risalente alla primavera scorsa, su quello che ci aspetta, tenendo conto che molte delle aspettative -implicite od espicitate- su cui si basa l'articolo ancora non si sono verificate: a fronte di una previsione di crescita del PIL e degli investimenti diretti esteri lievemente maggiori, altre voci come: inflazione, spending rewiew, sofferenze bancarie e ripresa degli investimenti interni sono piuttosto al palo. Non c'è quasi più nulla da privatizzare ed in più nel  portafoglio finanziario della Repubblica i derivati in scadenza  da oggi al 2018 (posizioni mark to market esigibili) è ad oggi negativo per circa 2,6 miliardi, e lascio perdere le scadenze più lontane. Una società civile stagnante che capitalistici risultati potrebbe mai conseguire?

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MILANO, 24 aprile (Reuters) - Un debito pubblico che deve scendere a ogni costo in rapporto al Pil. E' quello italiano che, invece, sale ininterrottamente dal 2008. L'anno prima, la cura senza sconti di Tommaso Padoa Schioppa lo aveva riportato sotto la simbolica quota 100. Il debito pubblico italiano era tornato a valere meno dell'economia nazionale. Qualche mese dopo quel risultato, la crisi mondiale innescata dal fallimento di Lehman Brothers spinse nel giro di due anniil debito oltre il 110% del Pil. Ed oggi il debito 2015, primo anno di attesa ripresa economica dopo tre, è previsto altri 20 punti percentuali di Pil più in alto oltre il 130%.

Da qui il governo Renzi fa partire oggi un percorso virtuoso teso a riportare il debito al 120% del Pil nel giro di quattro anni.

Se il quadro del Documento di economia e finanza per l'anno in corso sembra prudente per alcuni indicatori - in primo luogo il prodotto nazionale che non andrebbe oltre una crescita dello 0,7% - il cammino tracciato per i prossimi anni, in particolare per il debito, sembra invece ispirato a un 'wishful thinking' con un occhio alle richieste di Bruxelles.

Vediamo perchè.

La discesa del debito italiano è frenato dal sostanziale esaurimento del canale 'privatizzazioni'.

Negli ultimi anni senza il provvidenziale ruolo della Cassa Depositi e Prestiti, per la sua natura ibrida pubblico-privata non in grado di dire molti 'no' all'azionista Tesoro, questa voce di bilancio sarebbe stata molto vicina allo zero. Fermandosi al passato più recente, ha acquisito Sace, Fintecna e Simest piuttosto che immobili pubblici in prossimità di fine anno per non lasciare sguarnita la casella 'privatizzazioni'.

Quest'anno,oltre ai 2,2 miliardi incassati per la cessione di una nuova tranche di azioni Enel, resta all'orizzonte solo la cessione di una quota fino al 40% di Poste Italiane. Un'Ipo che l'AD Francesco Caio farebbe volentieri nel 2016 per valorizzare meglio l'asset, ma che l'azionista Tesoro chiede avvenga quest'anno.

In totale si raggiungeranno al massimo circa 8 miliardi, pari allo 0,5% del Pil. Per il futuro, l'unico asset di peso, ma anche di non facile cessione, è costituito da Ferrovie dello Stato.


SCENARIO OTTIMISTICO
Il calo del rapporto debito/pil deve passare in grandissima parte da altre vie.

Servirà la ripresa dell'inflazione, con alle spalle il motore della iniezione di moneta della Bce, e il suo impatto positivo sulla crescita nominale dell'economia, altrimenti troppo modesta nonostante l'uscita dalla recessione.

Solo in questo modo è possibile dare una scossa al denominatore del rapporto debito/pil, vera palla al piede degli ultimi anni.L'Italia ha infatti in assoluto un debito, anche se di poco, inferiore a quello tedesco, ma la prolungata recessione nazionale ha acuito il divario tra le due economie: la Germania beneficia ormai di un Pil, che si avvicina ai 3.000 miliardi, rispetto ai 1.600 attorno a cui ristagna da anni quello italiano.

Le stime del Def vanno ampiamente in questa direzione: per il 2017, primo anno di sensibile calo del rapporto debito/pil, la crescita del Pil nominale è vista al 3,3% a fronte di un deflatore dell'1,8%, quindi con un'inflazione vicina al 2%. Nello stesso tempo il rendimento del Btp a 10 anni si collocherebbe poco sopra il 2% e il costo dell'intero debito appena sopra il 3.

Si verificherebbe così la regola aurea economica per il calo del rapporto: il tasso pagato sul debito deve essere inferiore al tasso di crescita dell'economia.

Ci sono forti dubbi sulla realizzabilità del quadro tratteggiato dal Def: è credibile che il rendimento del Btp a 10 anni, oggi pari all'1,4% con i prezzi al consumo fermi, aumenti meno di un punto percentuale con l'inflazione che sale di quasi due punti? La risposta è positiva solo se si pensa che in questi anni l'Italia conquisti uno standing internazionale vicino a quello dei paesi core e non più dei periferici.

A questo si dovrebbero accompagnare misure di bilancio restrittive per portare l'avanzo primario a sfiorare il 4%, come previsto nel Def, rispetto all'attuale 1,6%,
Non solo. L'Ufficio parlamentare dibilancio, l'organismo indipendente che svolge verifiche sulle stime di finanza pubblica del governo, evidenza i rischi delle previsioni, soprattutto per il biennio 2016/2017, in tema di variabili esogene. Il Def replica infatti per il 2017 il favorevolissimo contesto attuale con l'euro a 1,07 dollari e il greggio a 57 dollari al barile.


TAGLIO DEBITO DI 3 PUNTI PERCENTUALI OGNI ANNO
Nell'insieme il governo presenta un sentiero molto virtuoso che prevede il taglio deldebito/pil di oltre 9 punti percentuali nel triennio 2016-2018, avvicinandosi a quanto richiesto dalla Commissione europea (un ventesimo all'anno della quota eccedente il 60% del Pil, oggi il 3,5% annuo ma destinato a calare).

Bruxelles a febbraio non ha aperto una procedura d'infrazione nei confronti dell'Italia, nonostante il mancato calo del debito nel triennio 2013-2015, tenendo conto principalmente del quadro macroeconomico molto negativo e delle riforme in essere e pianificate.

Una valutazione tollerante anche per il futuro sembra possibile solo se Bruxelles, in un quadro dove un paese influente come la Francia ha già fatto sapere che dal 2016 taglierà il deficit strutturale meno di quanto richiesto, allenterà ulteriormente le richieste di politica economica.

A vincoli invariati, invece, l'Italia dovrà rispettare i numeri del Def e per questo ogni tassello del puzzle dovrà essere al posto giusto.
 


2 commenti:

  1. Acquistare il futuro sarà sempre più difficile. E poi venissero a dire che Marx è un ferrovecchio: sì, da sbattere in testa agli zucconi.

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    1. quando la freschezza di un pensiero non è questione di date...

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