sabato 3 marzo 2018

Oh Lord, won' t you buy me...


Nella competizione internazionale per la spartizione del plusvalore globalmente prodotto, la merce-automobile gioca un ruolo chiave, chiamata com' è ad integrare in sè una bella parte della tecnologia disponibile. Tecnologia che, come dice un noto AD, «provocherà un cambio di paradigma totale, che è destinato a cambiare il volto dei trasporti come lo abbiamo sempre inteso». Un ramo d' industria in cui l' asticella degli standard necessari per battere la concorrenza è continuamente spostata verso l' alto. Da qui la tesi che è la capacità tecnologica la autentica, nel senso di adeguata all' epoca, unità di misura dello sviluppo capitalistico di una nazione o di una corporate, il vero metro della capacità di mobilitare interi apparati sociali, di metterli al suo servizio e di estorcerne plusvalore. In altre parole è la potenza tecnologica che esprime più pienamente il concetto di potenza sociale. La cosa vale anche quando alcuni anelli della catena, magari labour intensive, quel che viene chiamato indotto, sono posizionati all' estero e hanno apparentemente bilanci societari totalmente separati. Senza andare nei paesi emergenti di tutto il pianeta, molte aziende del nord Italia sono parte a pieno titolo dell' industria automobilistica tedesca, e si prestano ben volentieri alla cessione di parte del plusvalore localmente prodotto a favore del committente, che almeno sempre nuove auto è capace di produrle e venderle. Nell' articolo si dà una interessante occhiata sul settore---


I tempi cambiano. Fino a qualche anno fa era la California, con i suoi standard sempre più stringenti sulle emissioni , a dettare i tempi dell’evoluzione tecnologica del settore auto americano. E dettandoli all’America li dettava al mondo. Intere carriere politiche sono state costruite a Sacramento sulle normative ambientali. Non più. Oggi è la Cina a dettare il passo al mondo. Importatore di petrolio, la Cina ha negli ultimi anni dato un forte impulso al nucleare e alle rinnovabili e ha ora abbondanza di elettricità. Buttandosi massicciamente sull’auto elettrica e imponendo ritmi velocissimi per la transizione, la Cina conta di diventare leader mondiale non solo del settore (lo è già, producendo da sola quanto America e Europa insieme), ma dell’innovazione del settore. E per inciso offre una conferma della tesi per cui è lo sviluppo, e non la decrescita, a favorire le condizioni per la difesa dell’ambiente. Geely Auto, il gruppo cinese che è entrato a gamba tesa nel cuore dell’industria tedesca comprandosi un decimo di Daimler, produrrà solo elettrico a partire dal 2020. Great Wall Motors si prepara a un’alleanza sull’elettrico con Bmw. Il lusso, nell’auto, è il solo settore in cui i cinesi hanno ancora da imparare qualcosa, da qui l’interesse per l’auto tedesca. 


L’auto elettrica è cosa nota. Meno noto è il fatto che già a partire dal 2025 saranno in produzione auto elettriche capaci di durare un milione e mezzo di chilometri e anche di più. Il mercato si sposterà sempre di più sui ricambi, sulle batterie e sui motori a trazione, oggi prodotti prevalentemente in Giappone (che, di suo, sta puntando molto sull' idrogeno) . Scocche e assemblaggio sfumeranno sullo sfondo.

E poi stanno arrivando le macchine volanti, il sogno di chi era ragazzo negli anni Sessanta. Un modello è già in vendita da quest’anno e ci sono prototipi di Boeing, Airbus, Google, di alcune case automobilistiche e di qualche sognatore americano miliardario. Alcuni sono elicotteri capaci di strisciare, altri sono droni con le ruote, altri ancora sono modelli che non toccano mai per terra. Bob Lutz, una vita nell’auto americana, ha sollevato un polverone sostenendo recentemente che le auto che siamo abituati a conoscere diventeranno presto quello che oggi sono i cavalli, non più un mezzo di trasporto ma un hobby per ricchi allevatori da esibire alle corse o da sfoggiare nella tenuta del castello. A parte le auto d’epoca e quelle sportive, tutto il resto sarà una commodity, una miriade di taxi distribuiti dappertutto su cui saliremo, diremo a voce a un’intelligenza artificiale dove vogliamo andare e questa ci porterà, facendo tutto da sola e intrattenendoci con un film o chiacchierando con noi. La guida autonoma, superate le resistenze burocratiche e politiche, sposterà a sua volta il peso del valore aggiunto del settore auto sul software e sui suoi produttori.

L’industria europea, unificatasi molto prima della politica, è oggi parte della filiera dell’industria tedesca. L’industria tedesca, a sua volta, ha il suo perno nell’auto. L’altro grande settore, la chimica-farmaceutica, risplende meno di un tempo, mentre la siderurgia è emigrata. Nell’alta tecnologia la Germania non è mai riuscita a sfondare veramente, avendo perso quasi subito la guerra dell’hardware e mantenendo oggi un presidio nel software di buon livello ma decisamente sottodimensionato rispetto all’America e all’Asia e senza l’enfasi sull’intelligenza artificiale che i tempi richiedono.

Quanto all’energia, due decenni di ricerca populista del consenso e di costosi pasticci lasciano a industrie e consumatori tedeschi bollette tra le più alte del mondo. L’auto, come abbiamo visto, non è un settore senza futuro, come si diceva nei tristi anni Settanta. Tutt’altro, di futuri ne ha fin troppi. Il problema è che questi futuri comportano tutti enormi investimenti senza garanzia di successo. È sempre così quando c’è innovazione e non c’è ancora uno standard condiviso. Bisogna buttarsi, spendere, sperimentare e c’è sempre qualcuno che ne esce con le ossa rotte, come la Sony ai tempi del Betamax. 

L’industria dell’auto tedesca ha fatto grandi cose. Si è globalizzata e delocalizzata, ha innovato i processi e abbracciato l’automazione, ha intercettato con successo la nuova classe media dei paesi emergenti, ha tratto beneficio dal petrolio a basso prezzo che ha spinto la domanda verso i Suv e le auto di lusso. Questi fattori positivi perdureranno e la Germania difenderà con le unghie e coi denti il suo primato, ma la bufera dell’innovazione sarà lunga e violenta e la pressione sui margini di profitto costante. È comprensibile che i mercati, quando devono applicare un multiplo e un premio per il rischio sul settore, stiano bassi col primo e alti col secondo.


4 commenti:

  1. Ottimo articolo. Mi pare tuttavia sottaciuto il primato attuale di Tesla, non tanto nelle auto, quanto nella produzione di batterie tout court http://www.rinnovabili.it/energia/australia-batteria-tesla-carbone/

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  2. me lo sono chiesto, mi sa che Musk sta sulle palle all' analista poichè lo cita come " ...qualche sognatore americano miliardario."

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  3. domanda...ma voi ci siete mai stati in cina?
    perchè a me sembra che vi manchi il buon padrone che vi indica la strada....

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