mercoledì 17 febbraio 2016

Il potere alle cose (la fantomatica coscienza di classe 5)


 
L' eccellente osservazione si può declinare a ritroso come l' adolescenza del potere delle cose sugli uomini che continua in forma diversa il potere dell'uomo sull' uomo -il lignaggio, l'autocrazia-, come quest' ultimo a sua volta continuò il dominio della natura su un umanità troppo esposta alle sue variabili. Il dominio si giustappone al dominio precedente, mutuandone o meno alcune forme e figure. Ma nell' ultima più recente forma l' essere sociale il suo potere, che è in definitiva la possibilità consapevole di trasformare  la natura ed organizzarsi per soddisfare i propri bisogni, tendono almeno apparentemente a scomparire.

Questi rapporti esterni sono tanto poco un'abolizione dei «rapporti di dipendenza» da essere anzi soltanto la dissoluzione degli stessi in una forma generale, piuttosto l’elaborazione del fondamento generale dei rapporti di dipendenza personali. [...] Lo scambio, in quanto mediato dal valore di scambio e dal denaro, presuppone l’universale dipendenza reciproca dei produttori, ma presuppone al tempo stesso il completo isolamento dei loro interessi privati ed una divisione del lavoro sociale, la cui unità e integrazione reciproca esiste, per così dire, come un rapporto naturale esterno agli individui, indipendente da loro.

Su questa prassi contraddittoriamente universalista si fondano le pietre angolari dell' economia politica borghese:  il Capitale (espresso nella filiera: lavoro-valore-valore di scambio-prezzo-capitale maggiorato) e l' apparato statale a organizzarlo e difenderlo. Mi si dirà che alcune unità statali esistevano in epoca precapitalista ecc la tradizione dei popoli ecc Niente da eccepire ma è la comunità degli interessi materiali che tiene insieme lo Stato, non il contrario.

Ma su cosa prende forma l' astrazione reale dell' autonomo potere delle cose, che a questo punto sono chiaramente le merci capitalistiche, materiali o meno che siano? Illusoriamente esso appare così in quanto la loro produzione e scambio si sono via via sempre più scissi e differiti nel tempo e nello spazio, lontano dai produttori e persino dai consumatori, pensiamo al e-commerce, punteggiando in tempo reale i monitor del suo ricrearsi quotidiano.

Da questo punto di vista il capitalismo non esisteva prima dell'affermazione della borghesia, altrimenti non si coglie la peculiarità della rivoluzione dei rapporti sociali in cui la borghesia si è costituita come classe dominante, cioè il passaggio al dominio dei rapporti umani regolati dalle cose - e delle idee che da esso emanano che a loro volta, tortuosamente, rimandano a determinati rapporti sociali. Persiste indiscutibilmente la continuità storica del dominio classista, di sicuro già nell' antichità qualcuno mise a valore il "libero" lavoro altrui ma senza poterne fare un sistema automatico, autocatalitico; solo con l' epoca borghese il conflitto fra le classi e dentro le classi si svolgerà su un diverso e nuovo campo di battaglia, molto scivoloso per chiunque ma che potrebbe offrire, se ben approcciato, alcune opportunità che le faglie della crisi del mercato globale offrono.

Venendo al dunque, ho l'impressione che le lotte proletarie novecentesche cogliessero l' obbiettivo quando ci fosse da scardinare un impianto borghese che ancora si appoggiava a schemi poco più che feudali, ancora relativamente semplici ed immediati, l' anello debole della catena. Man mano che queste forme e figure, com'è normale, svanissero nella reificazione strutturale, le capacità di lotta e di analisi, riassunte nel partito di classe, si fecero meno adeguate nel momento in cui esse dovevano diventare adulte, autonome. Dissolta la transitoria soggettività borghese si dissolve con essa la soggettività proletaria. Non deduco e non sto suggerendo alcuna ipotesi politica passatista, reazionaria.

Il Capitale si presenta, a questo punto della inesorabile sussunzione delle forme di dominio arcaiche, come soggetto automatico che si nutre di una capillare, disumana operatività che ne è l'agente e il risultante. Una prassi, in corpo e spirito, che ciascuno di noi ricrea puntualmente ogni giorno, cercando di arrivare a nostra volta fino a domani.

 In questo senso possiamo dire che la padronanza del padrone -e con essa ogni pretesa umanistica, perfino la lotta politica borghese- è in grossa crisi: si continuano a chiamare governanti ma è una dichiarazione di impotenza.

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