sabato 2 dicembre 2017

La riforma dello stato -italiano

Vecchio articolo di carattere teorico che presagisce la parziale immobilità della situazione italiana. A che cosa è dovuta questa situazione che oggi, visti i decenni trascorsi, possiamo certamente chiamare patologica? A mio avviso è la grande inconseguenza delle borghesie industriali e finanziarie italiane che, alla fine del ciclo espansivo post-bellico e delle politiche keynesiane ad esso legate, non sono state capaci di leggere la mutata situazione interna ed internazionale e di approntare adeguati piani strategici, di lungo corso. La riforma dello Stato ne sarebbe una componente infrastrutturale e di peso.

 Abbiamo il peggio dello statalismo senza che quest' ultimo sappia prendere decisioni effettive che interessino la struttura economica nelle sue linee e nei suoi piani più alti. E' invece ai piani bassi che si riversa tutta la certificazione dell' esistenza in vita di un ipertrofico apparato burocratico. Lasciato  alla propria inerzia, il sistema economico, pur dimostrando a macchie la tipica vitalità capitalistica, generalmente stagna e si arrabatta nella difesa delle posizioni acquisite, spesso di rendita, legato con doppio filo, ora visibilissimo ora indiretto, al personale e alla decisione politici.


Il problema di fondo della dittatura capitalistica in Italia risiede proprio nei suoi strumenti, risiede proprio nella riforma dello Stato. Questo problerna si pose alle frazioni borghesi negli anni ’60, quando il ciclo economico mondiale permise uno sviluppo economico in Italia e la espansione esterna di un imperialismo che poteva utilizzare bassi salari. La irrisolta riforma dello Stato viene a collocarsi negli anni ’70, in una crisi mondiale di ristrutturazione dalla quale emergono le potenze più capaci di riorganizzarsi e di collegarsi più efficacemente alla tendenza in atto di una nuova divisione internazionale del lavoro. La metropoli italiana, incapace a ristrutturarsi se non in alcuni gruppi di punta, viene ad avere due debolezze in una, struttura e Stato, ed una sola possibilità: l’aggancio alla ripresa mondiale. Questo aggancio é reso possibile solo nella misura in cui il capitalismo italiano può avere costi del lavoro inferiori a quelli dei suoi concorrenti e può aumentare la sua produttività generale. [ed ecco che torna alla grande l'estrazione di plusvalore assoluto, ancora più odiosa perchè si inserisce in un ambiente dove si era conosciuto un certo livello di estrazione di quello relativo]

La mancata ristrutturazione e la mancata riforma dello Stato rendono impossibile un aumento della produttivita' generale e frenano lo stesso aumento della produttività industriale la quale e', poi, la vera e propria produttività del lavoro. I partiti parlamentaristici, per decenni, hanno negato la teoria marxista per la quale i movimenti politici sono espressione dei rapporti sociali tra le classi e, quindi, anche del rapporto tra lavoro produttivo e lavoro improduttivo che li sostanzia. Oggi, data la crescente incidenza dei fattori internazionali, questa determinazione è diventata addirittura contingenza politica.

Marx ed Engels, ne “L’Ideologia Tedesca”, ponevano la questione: "I rapporti tra le nazioni dipendono dalla misura in cui ciascuna di esse ha sviluppato le sue forze produttive, la divisione del lavoro e le relazioni interne. Questa affermazione é generalmente accettata. Ma non soltanto il rapporto di una nazione con le altre, bensi anche l’intera organizzazione interna di questa nazione dipende dal grado di sviluppo della sua produzione e delle sue relazioni interne ed esterne". Per chi sa leggere politicamente e strategicamente il significato è inequivocabile: l’intera organizzazione interna di una frazione economico-sociale, cioè la struttura e lo Stato, dipende dal mercato mondiale. Non tanto perché il capitalismo in una nazione é ovviamente una parte del capitalismo mondiale, quanto perché la sua organizzazione sociale e politica interna é determinata dal rapporto che si instaura tra la sua evoluzione e la evoluzione mondiale. Il capitalismo in Italia é capitalismo mondiale, indipendenternente dalla sua organizzazione politica e statale ma il suo tipo di organizzazione, il suo tipo di Stato nazionale, è il risultato dialettico dei fattori interni e dei fattori internazionali.


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