la realtà, perchè in questa appunto non c'è organicità
Lunghissimo articolo di cui ho sforbiciato alcuni passaggi e tutte le deduzioni politiche che però ha il merito di porre sul piatto alcune questioni tecnicali che ben si integrano con quanto fin qui detto nell' indagine fra automazione e servitù. A volte, mi pare, soprattutto da parte degli scienziati si getta il cuore oltre l' ostacolo volendo a tutti costi vedere un futuro prossimo comunista già oggi nel cuore della tecnoscienza capitalista.
Questa preziosa gaiezza fa a cazzotti con il fatto che non si capisce come potremmo superare il sistema dei segnali di prezzo, cioè il mercato globale, grazie alle esponenzialmente accresciuta capacità di calcolo dei super calcolatori, visto che il capitalismo non è un computer ma prima di ogni altra cosa è un preciso rapporto sociale.
Eppure se nel criminale centralismo e autoritarismo sovietico possiamo vedere l' impotenza di fronte alla possibilità di pianificare e quindi controllare l' oggettività economica, allora alcune tecnologie oggi suggeriscono che l' interfaccia economico e politico tra produzione e soddisfazione dei bisogni sociali (in particolare quelli di elevato livello storico) potrebbe essere di molto facilitato, veloce e diretto senza passare dalla forma valore. Dicendo economico e politico naturalmente mi rifaccio a categorie in fin dei conti in totale ostaggio della divisione in classi ma al momento non ne ho altre da usare.
Da osservatore non ho da contrapporre allo sviluppo scientifico e tecnologico nessun umanesimo stantìo; vedi mai che proprio nella asimmetrica empatia uomo-macchina, portata al suo estremo, si accenda una scintilla fin troppo umana: il mondo non va cambiato, va rifatto---
Il capitalismo è un computer?
Alcuni filosofi digitali suggeriscono
che l'universo possa essere una simulazione al computer programmata
dagli alieni: senza abbracciare questa posizione, ci sono motivi per
sposare una tesi meno estrema, vale a dire che il capitalismo è un
computer. Questa è l'affermazione implicita in uno dei più gravi
attacchi intellettuali messi in campo contro il pensiero comunista, "il
problema del calcolo socialista", formulato da economisti della "scuola
austriaca" come Ludwig von Mises (1935) e Frederick Hayek (1945).
Scrivendo nel periodo caratterizzato dal successo della rivoluzione
russa, questi economisti attaccavano le premesse e la fattibilità del
un'economia pianificata. Tutti i sistemi sociali, essi riconoscevano,
hanno bisogno di una qualche forma di pianificazione delle risorse. Il
mercato, tuttavia, crea un piano non coercitivo, esteso, spontaneo ed
emergente - ciò che Hayek (1976: 38) chiama "catallaxy". I prezzi
forniscono un segnale sinottico, astratto di esigenze e condizioni
eterogenee e mutevoli, a cui l'investimento imprenditoriale risponde.
Una economia pianificata, al contrario, deve essere dispotica e poco
pratica, in quanto il calcolo di una distribuzione ottimale delle
risorse limitate dipende da innumerevoli conoscenze locali sulle
necessità di consumo e le condizioni di produzione, che nessun metodo di
contabilizzazione centrale potrebbe valutare.
Gli economisti austriaci hanno così
offerto un aggiornamento della celebrazione del capitale di Adam Smith,
della "mano invisibile" , ora re-immaginato come un sistema di
informazione quasi-cibernetico:
è più che una metafora descrivere il
sistema dei prezzi come un tipo di macchina per la registrazione dei
cambiamenti, o un sistema di telecomunicazioni che consente ai singoli
produttori di guardare semplicemente il movimento di alcuni indicatori
come un ingegnere potrebbe guardare le lancette di pochi sensori, al
fine di adeguare le loro attività ai cambiamenti di cui non potranno mai
sapere più di quanto si rifletta nel prezzo in movimento. (Hayek, 1945:
527)
Anche se ha fatto riferimento alle
telecomunicazioni e all'ingegneria, Hayek, scrivendo nell'ultimo anno
della Seconda Guerra Mondiale, potrebbe aver giustamente evocato i
giganteschi computer centrali del progetto Manhattan, motivo per cui ha
suggerito che il mercato abbia potuto agire come una macchina che fa
calcoli automaticamente: un computer.
Questa è stata, tuttavia, un'arma a
doppio taglio impiegata polemicamente contro il socialismo. Infatti, se
il mercato si comporta come un computer, perché non sostituirlo con un
computer? Se la pianificazione centrale soffriva di una problema di
calcolo, perché non usare vere macchine di calcolo? Questo era
esattamente il punto sollevato da un avversario di Hayek, l'economista
Oskar Lange, che, rivedendo retrospettivamente il dibattito sul "calcolo
socialista", ha osservato: "Oggi il mio compito sarebbe molto più
semplice. La mia risposta a Hayek ... potrebbe essere: quindi qual è il
problema? Mettiamo le equazioni simultaneamente su un computer
elettronico e otterremo la soluzione in meno di un secondo " (1967:
159).
Tale era il progetto dei cibernetici presentati in Red Plenty ["Abbondanza rossa", romanzo di Francis Spufford scritto nel 2010 che ha offerto un resoconto
romanzato del fallito tentativo da parte dei cibernetici sovietici degli
anni '60 di istituire un sistema completamente computerizzato di
programmazione economica], un
progetto guidato dalla consapevolezza che l'apparente successo
dell'industria sovietica, nonostante i suoi trionfi nel anni '40 e '50, è
andata lentamente ristagnando tra disorganizzazione e colli di
bottiglia relativi alle informazioni. Il loro tentativo era basato su
uno strumento concettuale, la tavola input-output, il cui sviluppo è
associato a due matematici russi: l'emigrato Wassily Leontief, che ha
lavorato negli Stati Uniti, e il sovietico Kantorovich, il protagonista
principale di Red Plenty. Le tavole input-output, che sono state
recentemente riscoperte, sono tra i fondamenti intellettuali
dell'algoritmo PageRank di Google (Franceschet, 2010); esse tracciano la
complessa interdipendenza di un economia moderna, dimostrando come le
uscite da un settore (ad esempio, acciaio o cotone) forniscano gli
ingressi per un altro (ad esempio, le auto o abbigliamento), così che si
può stimare la variazione della domanda risultante da una variazione
nella produzione di beni finali. Dal 1960 tali tabelle sono state un
strumento accettato da organizzazioni industriali di grande scala: il
lavoro di Leontief giocò un ruolo importante nella logistica della
massiccia offensiva dei bombardamenti della US Air Force contro la
Germania. Tuttavia, si è creduto che la complessità della intera
economia nazionale abbia precluso la loro applicazione ad una tale
scala.
Gli informatici sovietici hanno cercato
di superare questo problema. Infatti già nel 1930, Kantorovich aveva
migliorato le tavole input-output con il metodo matematico della
programmazione lineare che stimava la combinazione delle tecniche di
produzione migliori o "ottimizzanti" per soddisfare un determinato
obiettivo. I cibernetici degli anni '60 miravano ad attuare questa
innovazione su vasta scala attraverso la realizzazione di
un'infrastruttura informatica moderna per svolgere rapidamente i milioni
di calcoli richiesti dal Gosplan, il Consiglio di Stato per la
Pianificazione, che supervisionava i piani economici quinquennali. Dopo
un decennio di sperimentazione, il loro tentativo è fallito, frustrato
dal pietoso stato del settore informatico sovietico che, essendo circa
due decenni dietro quello degli Stati Uniti, perse la rivoluzione del
personal computer e non sviluppò un equivalente ad Internet. Era quindi
del tutto inadeguato al compito assegnato ad esso. Tutto questo, insieme
all' opposizione politica di una nomenklatura che vedeva nel nuovo
metodo di pianificazione scientifica una minaccia al proprio potere
burocratico, costrinse all'abbandono del progetto (Castells, 2000;
Gerovitch, 2008; Peters, 2012).
Questo non è stato l'unico progetto nel
Novecento di "rivoluzionari cibernetici"; notevole è stato anche il
tentativo da parte del regime cileno di Salvador Allende di introdurre
una versione più decentrata di progettazione elettronica, "project
Cybersyn" (Medina, 2005). Guidato dal cibernetico canadese Stafford
Beer, esso fu concepito come un sistema di comunicazione e di controllo
che consentisse al regime socialista di raccogliere dati economici, e di
trasmetterlo ai decisori del governo, pur incorporando all'interno
della sua tecnologia garanzie contro la micro-gestione statale e di
incoraggiamento per discussioni poliedriche di pianificazione. Questo è
stato un tentativo di ingegneria socio-tecnica del socialismo
democratico che oggi forse sembra più attraente rispetto alle manovre
post-staliniste dei progettisti di computer sovietici. Ma ha incontrato
una sorte ancora più brutale: Progetto Cybersyn è stato chiuso col colpo
di stato di Pinochet del 1973. Alla fine il fallimento dell'URSS di
adattarsi ad un mondo di software e di reti ha contribuito alla sua
disfatta economico/militare per mano degli Stati Uniti. La sua
disintegrazione, dove, come Alec Nove (1983) ha dimostrato, i colli di
bottiglia relativi alla circolazione delle informazioni e le
falsificazioni dei dati hanno svolto un ruolo importante, ha sembrato
dar ragione agli economisti austriaci.
L'elogio di Hayek della "catallaxy" del
mercato è diventato così centrale per il "pensiero neoliberista
collettivo" (Mirowski, 2009), che ha portato alla successiva marcia
vittoriosa del capitalismo globale.
La pressione combinata del disastro
pratico dell'URSS e l'argomento teorico della scuola austriaca esercitò
un'immensa forza all'interno di quello che è rimasto della sinistra,
costringendola ad aspirare, al massimo, ad una economia di imprese di
proprietà collettiva coordinate da segnali di prezzo. Le numerose
varianti proposte di tale "socialismo di mercato" hanno stimolato le
confutazioni da parte dei marxisti che si rifiutano di pensare ad un
socialismo in cui permangano merci con valore di scambio. Forse, dato
che conferiscono al mercato le funzioni di elaborazione delle
informazioni automatiche attribuite dagli economisti austriaci e dai
socialisti di mercato, tali varianti possono affrontare questioni di
innovazione tecnologica o di disponibilità dei dati pubblici, ma non
sembrano impegnarsi profondamente nello studio delle potenzialità del
calcolo contemporaneo.
Oggi, dopo il crollo, chi sostiene che i
mercati siano macchine informatiche infallibili può sembrare meno
credibile di un quarto di secolo fa. Il furto parassitario di energia
che sta alla base della trasmissione del segnale-prezzo (sfruttamento
nel punto di produzione); l'incapacità delle singole borse merci di
registrare azioni collettive (le cosiddette "esternalità"); e la
ricorsività di un sistema crematistico che si avvita su sè stesso in
speculazioni finanziarie, sono diventati temi salienti nel mezzo
dell'implosione economica ed ecologica del capitalismo globale. Ma
l'identificazione di tali difetti non fa venir meno l'obbligo per i
comunisti di spiegare come un altro sistema di allocazione delle risorse
- evitando la "servitù" della sottomissione statalista che Hayek (1944)
ha predetto - potrebbe funzionare.
Algoritmi del lavoro
[...] Con queste [nuove] capacità [di calcolo dei supercomputer], l'ipotesi di
Cockshott e Cottrell che i requisiti di sistema per la programmazione
economica su larga scala potrebbero essere gestiti da impianti
paragonabili da quelli ora utilizzati per scopi meteorologici, sembra
quanto meno plausibile. Il "problema del calcolo", tuttavia, comporta
non solo l'elaborazione dei dati ma l'effettiva reperibilità di dati;
l'obiezione di Hayek non era soltanto che i pianificatori centrali non
possono macinare dati economici abbastanza velocemente, ma che i numeri
in un certo senso non esistono prima della fissazione dei prezzi, che
forniscono una misura altrimenti assente di performance di produzione e
di attività di consumo. Ancora una volta, Cockshott e Cottrell
suggeriscono che la risposta sta nel computer utilizzato come mezzo di
raccolta delle informazioni economiche. Scrivendo nei primi anni 90', e
basandosi sui livelli di infrastruttura di rete disponibile in Gran
Bretagna in quel momento, essi suggeriscono un sistema di coordinamento
di pochi personal computer in ogni unità di produzione, che utilizzando
pacchetti di programmazione standard, elaborebbe dati di produzione
locali e li invierebbe via "telex" ad un centro di pianificazione, che
ogni 20 minuti, o giù di lì, avrebbe emesso via radio dei dati
statistici corretti da inserire a livello locale.
Questo è uno scenario che ricorda troppo
il tecno-futurismo sgangherato di Brazil, di Terry Gilliam. Per rendere
i "nuovi socialisti" aggiornati, dovremmo invece fare riferimento alla
visione iconoclasta di Fredric Jameson a proposito di Wal-Mart, vista
come "la forma di un futuro utopico che si intravede attraverso la
nebbia" (2009: 423). Il suo punto di vista è che, se uno per un momento
ignora il grosso sfruttamento dei lavoratori e dei fornitori, Wal-Mart è
un'entità il cui colossale potere di organizzazione modella dei
processi pianificati necessari ad elevare gli standard globali di vita. E
come Jameson riconosce, e altri autori documentano in dettaglio
(Lichtenstein, 2006), questo potere si basa su computer, reti e
informazione. Entro la metà degli anni 2000 i data-center di Wal-Mart
erano in grado di tracciare effettivamente 680 milioni di prodotti
diversi a settimana e più di 20 milioni di operazioni di clienti ogni
giorno, agevolati da un sistema informatico con una capacità seconda
solo a quella del Pentagono. Scanner di codici a barre e punti vendita
computerizzati identificano ogni articolo venduto, e memorizzano queste
informazioni. Telecomunicazioni satellitari collegano direttamente i
magazzini al sistema informatico centrale, e da quel sistema ai computer
dei fornitori, per consentire automaticamente i nuovi ordini. La rapida
adozione di Codici Universali di Prodotto da parte dell'azienda ha
portato ad un "livello superiore" i requisiti per le etichette per
l'identificazione con radio frequenza (RFID) di tutti i prodotti in modo
da consentire il monitoraggio di merci, lavoratori e consumatori
all'interno e al di là della sua catena di fornitura globale.
Wal-Mart è significativa perché si trova
"sul fronte di uno spostamento sismico nell'immaginario aziendale". E'
uno spostamento che collega la nozione di una "rivoluzione logistica"
con la produzione "just-in-time" e "sfrutta le tecnologie digitali e
cibernetiche emergenti per la gestione della produzione, della
distribuzione e della vendita nel modo più rapido ed efficiente
possibile" (Haiven & Stonemouth 2009: np). Questo cambiamento è
stimolato dalla comparsa di un "internet delle cose", legato alle
informazioni digitali fornite da oggetti materiali attraverso una rete
di prodotti dotati di stumenti, che forniscono dati su utenti e
posizioni. Resa possibile dalla diffusione di sofisticate reti wireless
4G, i servizi di archiviazione dati su richiesta attraverso la "nuvola"
di aziende come Amazon, e, in particolare, dall'ultimo allargamento del
protocollo internet IPV6 sulla rintracciabilità, che fornisce
identificatori digitali unici per "un numero veramente gigantesco di
340.000.000.000 miliardi di miliardi di miliardi di oggetti", la
comunicazione da dispositivo a dispositivo ormai probabilmente supera in
volume i dati del traffico di Internet da persona a persona (Economist,
2012; np). Come Benjamin Bratton (2013) osserva, tale rintracciabilità,
combinata con la codifica digitale compressa ad un livello
sub-microscopico, apre una capacità virtualmente illimitata per
l'identificazione non solo di cose e persone, ma anche dei loro
componenti più elementari e delle loro relazioni. Così l'andamento sia
delle velocità di elaborazione delle informazioni sia della capacità di
raccolta dei dati pone le basi per il superamento del "problema di
calcolo socialista". Tuttavia, parlando di pianificazione in tale
contesto complessivo si evocano inevitabilmente timori di un controllo
di uno stato onnisciente. I "nuovi socialisti" provengono da una
avanguardia marxista-leninista, con prospettiva autodichiaratamente
"giacobina" e centralista (Cockshott, Cottrell, & Dieterich, 2011).
Per trovare come una pianificazione cibernetica potrebbe essere
sviluppato in modo più trasparente e partecipativa, abbiamo bisogno di
guardare ad altre tradizioni comuniste.
Agenti comunisti
Storicamente, la tendenza
anti-statalista nel marxismo è stata in gran parte dei casi
rappresentata dalla variegata tradizione consiliarista, che, contro il
potere del partito e dello Stato, ha insistito sul ruolo delle assemblee
sui posti di lavoro come luoghi del processo decisionale,
dell'organizzazione e del potere.
In un saggio antidiluviano per gli
standard digitali, "Consigli operai ed economia di una società
autogestita", scritto nel 1957, ma ripubblicato nel 1972, subito dopo lo
schiacciamento dei Soviet dei Consigli Operai dell'Ungheria, Cornelius
Castoriadis ha sottolineato il frequente fallimento di questa tradizione
nell' affrontare i problemi economici di un "società totalmente
autogestita". La questione, ha scritto, doveva essere inquadrata
fermamente nell'era del computer, dell'esplosione della conoscenza, del
wireless e della televisione, delle matrici input-output , "abbandonando
le utopie socialiste o anarchiche degli anni precedenti" perché "le
infrastrutture tecnologiche ... sono così incommensurabilmente diverse
da rendere i i paragoni piuttosto privi di senso" (Castoriadis, 1972:
np).
Come i progettisti di Red Plenty,
Castoriadis immagina un piano economico determinato da tavole
input-output e con equazioni di ottimizzazione che disciplinano la
ripartizione globale delle risorse (ad esempio, l'equilibrio tra
investimento e di consumo), ma con implementazione nelle mani di
consigli locali. Il punto cruciale dal suo punto di vista è che, però,
ci dovrebbero essere diversi piani disponibili in modo da consentire una
scelta collettiva. Questa sarebbe la missione del "piano di fabbrica",
"un'impresa specifica altamente meccanizzata e automatizzata", usando un
computer la cui memoria "registrerebbe i coefficienti tecnici e
l'iniziale capacità produttiva di ciascun settore" (Castoriadis, 1972:
np). Questa officina centrale sarebbe aiutata da altre che studiano le
implicazioni regionali di piani specifici, innovazioni tecnologiche, e
miglioramenti algoritmici. Il "piano di fabbrica" non determinerebbe
quali obiettivi sociali da adottare; semplicemente genererebbe opzioni,
valuterebbe le conseguenze, e, dopo che un piano è stato
democraticamente scelto, lo aggiornerebbe e lo rivedrebbe, se
necessario. Castoriadis sarebbero d'accordo con Raymond Williams (1983),
sull'osservazione che non ci sarebbe niente di intrinsecamente
autoritario nella pianificazione, a patto che ci sia sempre più di un
piano.
Questo primitivo concetto di
autogestione cibernetica è un precursore di una più recente visione del
post-capitalismo. "Economia Partecipativa" o "Parecon" di Michael Albert
e Robin Hahnel. Anche questo viene fuori da una tradizione
consiliarista, sebbene da una linea di pensiero anarchica, piuttosto che
marxista. Il loro lavoro è famoso per il modello di "progettazione
partecipata decentrata" (Albert, 2003: 122), alternativo sia ai
meccanismi di mercato che alla pianificazione centrale.
I consigli sono, ancora una volta, le
unità sociali di base per la decisione democratica, ma in "Parecon"
questi includono non solo il lavoratore, ma anche i consigli di
consumatori. L'allocazione delle risorse è determinata dalle offerte di
tali organizzazioni per i diversi livelli di produzione e di consumo,
che nel corso di una serie di cicli di negoziazione sono
progressivamente ottimizzati attraverso delle Commissioni di
Facilitazione dell'Iterazione. Nelle fasi successive del processo di
pianificazione, i consigli dei lavoratori e dei consumatori sono
incoraggiati dalle CFI a rivedere le loro proposte secondo le conoscenze
degli input reciproci, fino a quando si è prodotta una sufficiente
convergenza da rendere possible il mettere alcuni piani al voto.
La "Parecon" è stata oggetto di notevoli
controversie. Una delle obiezioni più frequenti è quella esemplificata
da Oscar Wilde quando ha osservato che "il socialismo è una buona idea,
ma richiede troppe serate"- vale a dire che sembra richiedere riunioni
senza fine. Hahnel (2008: np) suggerisce che l' aumentata interattività
sociale sia una caratteristica positiva per la "Parecon", sia che la sua
complessità non sarebbe necessariamente molto maggiore di quella di
molti delle abitauli attività quotidiane richieste dalla vita
capitalista - commercio, imposte, finanza ecc.. Ma sembra che la
realizzazione dei cicli a più livelli ed iterativi che essi immaginano,
ad una velocità sufficiente per riuscire a pianificare qualcosa, avrebbe
richiesto una infrastruttura di rete molto sofisticata ed un alto
livello di partecipazione tecnologicamente mediata: ampie banche dati
accessibili dai consigli e da singoli soggetti, carte magnetiche
elettroniche per la misurazione del lavoro e del consumo, software
pronti per la preparazione di proposte, e sistemi di inventari
just-in-time per la produzione (Albert, 2003: 133).
Infatti la "Parecon" sembra invocare uno
sviluppo digitale che di fatto postpone la sua proposta: i social
media. Una società di pianificazione partecipata, informata, collettiva,
democratica e tempestiva richiederebbe piattaforme comunicative
interattive, veloci, varie, in cui le proposte potrebbero essere fatte
circolare, le risposte ottenute e, a lungo o breve tempo, individuate
le tendenze, stabiliti i giudizi, generate e modificate le revisioni, e
così via. Sarebbe, insomma, come chiedere che Facebook, Twitter, Tumblr,
Flickrr e altre piattaforme Web 2.0 non solo diventino essi stessi
imprese auto-gestite dai propri lavoratori (compresi i loro contribuenti
non retribuiti, i prosumer), ma anche diventino sedi della
pianificazione: Gosplan con "tweet" e "like". Dobbiamo anche pensare a
questi organismi trasformati nelle direzioni introdotte da esperimenti
di social network alternativi, come Diaspora, Crabgrass, Lorea, liberati
dall'incentivo del profitto e dal controllo centralizzato e che
assumono una forma più distribuita e federata (Cabello et al, 2013;.
Sevignani, 2013), diventando, come Hu e Halpin (2013) propongono, reti
che nel loro stesso format danno priorità ai progetti di gruppo su
singoli individui, o come piattaforme di "individuazione collettiva";
non tanto quindi social media ma "council media".
Ma forse l'idea che tutti guardino lo
smartphone per non perdere, non l'aggiornamento su Facebook, ma la
votazione della settima iterazione del piano partecipativo, duplica
aspetti poco attraenti della vita quotidiana nel capitalismo high-tech.
Così filosofando ulteriormente, suggeriscono che ciò di cui la
pianificazione collettiva decentrata ha veramente bisogno non è solo il
supporto dei consigli ma di agenti comunisti: agenti software comunisti.
Gli agenti software sono entità
complesse programmate capaci di agire "con un certo grado di autonomia
... per conto di un utente (o di un altro programma)" (Wikipedia, 2013b:
np). Tali agenti esprimono compiti di direzione verso gli obiettivi,
loro selezione, individuazione di priorità e avvio degli stessi; possono
attivare se stessi, valutare e reagire al contesto, esibire aspetti
dell' intelligenza artificiale, come l'apprendimento, e possono
comunicare e cooperare con altri agenti (Wikipedia, 2013b: np).
Nel commercio, software "agenti di
offerta" sono già in grado di superare gli esseri umani al punto che
questi ultimi stanno sul punto di perdere il privilegio di essere gli
unici agenti economici del pianeta (Kephart, 2002: 7207). La capacità di
tali entità nel creare "una perfetta concorrenza" nei mercati
elettronici le rende le preferite per gli economisti influenzati dalla
scuola austriaca (Mirowski, 2002). Come acquirenti e venditori
pre-programmati in grado di elaborare grandi quantità di dati di
mercato, gli agenti software hanno trasformato il commercio elettronico a
causa della loro capacità di cercare rapidamente in Internet,
identificare le migliori offerte, aggregare queste informazioni per gli
utenti, o, addirittura, effettuare acquisti autonomamente. Tuttavia,
l'arena in cui tale agenti veramente eccellono è nel settore
finanziario, dove il trading ad alta frequenza è interamente dipendente
da software "bot" in grado di rispondere alle possibilità di
negoziazione in millisecondi.
Non si può fare a meno di chiedersi,
però, cosa accadrebbe se gli agenti software potessero essere usati per
un diverso scopo? Notando che i modelli a Sistema Multi-Agente possono
essere pensati come mezzo per rispondere a problemi di allocazione di
risorsa, Don Greenwood (2007: 8) ha suggerito che essi potrebbero essere
orientati verso la soluzione del "problema del calcolo socialista".
Come strumenti di pianificazione, i sistemi multi-agente, egli osserva,
hanno il vantaggio sui mercati reali che "gli obiettivi e i vincoli
affrontati dagli agenti possono essere pre-specificati dal progettista
del modello '(Greenwood, 2007: 9). È possibile progettare agenti con
macro obiettivi che vadano oltre la massimizzazione di interessi
individuali; due dei principi di "welfare" che gli economisti hanno
provato ad incorparare sono l'uguaglianza e la protezione dell'ambiente.
Forse, allora, dovremmo prevedere che i
ripetuti cicli di decisione-pianificazione democratica, non siano solo
discussi e deliberati nei social media, ma in parte delegati ad una
serie di agenti software comunisti, che assorbono le richieste rilevanti
del processo, corrono al ritmo degli algoritmi del trading ad alta
frequenza, si infilano fra le reti ricche di dati, fanno delle
raccomandazioni ai partecipanti umani ("se ti è piaciuta la
geo-ingegneria più le nanotecnologie, ma non il piano quinquennale sul
nucleare, allora si potrebbe ... "), comunicando e collaborando tra loro
a vari livelli, preprogrammati a soglie specifiche e a configurazioni
di decisione ("tenere le emissioni di CO2 inferiori a 300 parti di un
milione, aumentare i redditi della bassa quintile ... e nessun aumento
delle ore di lavoro necessarie per una tazza di caffe").
Nell'era degli automi, questo può essere quello a cui può assomigliare un consiglio di lavoratori.
Automi, copie e replicatori
Ma alla fine, è veramente necessaria la
pianificazione? Gli schemi di pianificazione centralizzata,
neo-socialista e le loro versioni consiliari decentrate, connesse in
rete, vedono entrambi i computer come strumenti di calcolo, uno
strumento di misura, in particolare per misurare il lavoro: il loro
scopo è quello di abolire lo sfruttamento capitalista restituendo ai
lavoratori il pieno valore del loro tempo di lavoro. Vi è, tuttavia,
un'altra linea di futurismo comunista che concepisce i computer non
tanto come strumenti di pianificazione quanto come macchine di
abbondanza.
Ci sono, potremmo dire, due modi per
battere la "catallaxy" capitalista di Hayek. Uno è quello di superarla
con il calcolo. L'altro è quello di farla saltare: la scarsità viene
sostituito con l'abbondanza, ponendo fine alla necessità di prezzi o di
pianificazione. Per i marxisti, l'abbondanza produce la transizione
dalla fase "inferiore" del comunismo, che ancora deve cimentarsi con
problemi di scarsità, alla fase superiore in cui "da ciascuno secondo le
le sue capacità, a ciascuno secondo i suoi bisogni ". Una popolare
metafora per le condizioni tecnologiche necessarie per quest'ultimo
momento è il replicatore di Star Trek che automaticamente, e con una
energia illimitata, provvede ai bisogni umani (Fraise, 2011). Questo
saggio non vuole giudicare quale livello di soddisfazione dei bisogni
dovrebbe essere considerato sufficiente, o quale combinazione di
crescita e di redistribuzione è adeguato per raggiungerlo: questo
sicuramente sarebbe il problema da affrontare per i pianificatori
collettivi del futuro. Esso, tuttavia, identifica tre tendenze
cibernetiche che puntano verso la fase "superiore" del comunismo:
l'automazione, la copia e la produzione peer-to-peer.
L'automazione è stata un tema centrale
nell'immaginazione comunista. Classico è l'ormai famoso "frammento sulle
macchine" nei Grundrisse, dove, osservando la fabbrica della sua epoca,
Marx (1973: 690-711) predice che la tendenza del capitale a
meccanizzare la produzione farà, distruggendo il bisogno di lavoro
salariato, saltare l'intero sistema. Il fondatore della cibernetica,
Norbert Weiner (1950), vide come la sua conseguenza principale sarebbe
stata l'eliminazione di posti di lavoro a beneficio dei computer. Questa
tesi della fine del lavoro digitale è stata sviluppata molto senza
mezzi termini da pensatori come André Gorz (1985) e Jeremy Rifkin
(1995). Nel corso della fine del ventesimo secolo, tuttavia, il capitale
ha notevolmente evitato questo scenario. Lontano dall'automatizzare
completamente il lavoro, esso ha sia cercato serbatoi globali di mano
do'opera a basso costo, sia seguito un "marcia attraverso i settori" che
spinge ad un avanzamento della mercificazione del lavoro nei settori
dell'agricoltura, dell'industria e dei servizi.
Dal 2000, tuttavia, il dibattito
sull'automazione è ripreso. Continue riduzioni dei costi informatici,
miglioramenti nelle tecnologie visive e tattili, gli investimenti
militari delle guerre post 11 settembre in droni e veicoli autonomi, e
le richieste salariali da parte dei lavoratori in Cina, India e altre
fonti di manodopera in precedenza a basso costo hanno stimolato una
"nuova ondata di robot ... molto più abili di quelli oggi comunemente
utilizzati dai produttori di automobili e di altre industrie pesanti,
più flessibili e più facile da programmare, che ora stanno sostituendo i
lavoratori non solo nella produzione, ma nei processi di distribuzione,
di circolazione e di servizio come i magazzini, i call center e anche
l'assistenza per anziani" (Markoff, 2012: np). Gli economisti Erik
Brynjolfsson e Andrew McAfee (2011: 9), del Massachusetts Institute of
Technology, hanno suonato l'allarme che il ritmo e la portata di questo
sconfinamento nelle abilità umane "sta raggiungendo un nuovo livello"
con "profonde implicazioni economiche". Queste preoccupazioni sono state
riprese da economisti famosi (Krugman, 2012).
All'interno del capitale,
l'automazione minaccia i lavoratori con la disoccupazione e
l'accelerazione della produzione. Se, tuttavia, non ci fosse una
tendenza dominante strutturale ad incrementare le produttività tale da
portare alla disoccupazione o ad una maggiore produzione senza riduzione
del tempo di lavoro, l'automazione potrebbe sistematicamente condurre
ad un minore tempo speso nei luoghi di lavoro formali. In un quadro
comunista che garantisse l'accesso al valore d'uso dei beni e servizi,
la robotizzazione creerebbe la prospettiva di un passaggio dal regno
della necessità ad uno di libertà. Si reintroduce l' obiettivo -
abbandonato sia all'interno dell'esperimento sovietico stakanovista sia
nel sindacalismo occidentale che punta all'incremento dei salari, di
liberare tempo dal lavoro, con tutto ciò che comporta in termini di
auto-sviluppo umano ed impegno comunitario.
La stima di Juliet Schor (1991) è che,
se i lavoratori americani avessero guadagnato dagli incrementi di
produttività dagli anni '50 non in salario ma in tempo libero, nel 2000
avrebbero lavorato una ventina di ore a settimana. Questo indica la
scala di un possibile cambiamento. Nella politica della sinistra sono
recentemente comparse proposte per un "reddito di cittadinanza".
Ci sono certamente critiche da muovere a
queste posizioni nel momento in cui esse sono sostenute come strategia
riformista, col rischio di diventare soltanto una razionalizzazione del
welfare che supporta la precarietà neoliberista. Ma sarebbe difficile da
immaginare un futuro comunista sensato che non avese adottato tali
misure per ottenere la riduzione del tempo di lavoro socialmente
necessario, fatto reso possibile dai progressi della scienza e della
tecnologia, eliminando il problema del calcolo di Hayek, togliendo ad
esso la capitalistica merce primaria, la forza lavoro.[...]
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