Anch' io, in un impeto mondano, do il mio contributo alla lotta contro il cambiamento climatico. Un pò mi vergogno, rispetto ai consumi personali sono sempre stato parecchio rilassato e, stante il fatto che non ho aspettato la crisi per non arrivare a fine mese, mi piace esagerare e non riesco ad avere per nulla la schiena diritta: tutto quello che il capitalismo produce a mio avviso va provato, assaggiato, toccato, visto ecc. Insomma sono corrotto fino al midollo e poco sensibile alla sobrietà e ai richiami ad un mondo più pulito. Epperò non mi può non tornare in mente che la ricchezza, nel attuale modo di produzione, si presenta come un' immane raccolta di merci. Fatto il salto mortale, realizzato il loro valore sociale di scambio, probabilmente consumato il loro valore d' uso, eccole qui che ne tornano gli esoscheletri vuotati; le correnti oceaniche li hanno riuniti in una sterminata indistruttibile colonia.
Molti forse ignorano la sua esistenza: la grande "isola di plastica" del Pacifico
è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto
da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, che secondo le ultime stime
continua a crescere in maniera inarrestabile. Le navi e gli aerei della fondazione olandese Ocean Cleanup l’hanno
percorsa in lungo e in largo e hanno contato 80mila tonnellate di
frammenti in un’area grande tre volte la Francia. La massa di spazzatura
e plastica, concentrata dalle correnti, approssimativamente fra il 135º
e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord, è
rappresentata dalla superficie di oceano in cui la concentrazione di
rifiuti supera il chilogrammo al chilometro quadro e, fattore
preoccupante, è 16 volte più alta rispetto a quanto si stimasse fino a ieri.