Articolo del 2011 tratto dalla rivista n+1, dal titolo " Perchè il marxismo non ha più il successo di una volta ?", consultabile sul sito QuinternaLab.
Secondo i redattori, la fantomatica coscienza di classe è all' opera ma appunto storicamente trasfigurata, privata di qualsiasi volontarismo, al sicuro nell' oblio direbbe il filosofo, non si presenta con caratteri rivoluzionari ma di " un' inconsapevolezza classisticamente determinata rispetto alla propria situazione economica storico-sociale"; essa si evidenzierà con altre forme e contenuti e non prima di sciogliere altri nodi più importanti. ---
A Denver, una delle cento città americane in cui è presente
il movimento Occupy Wall Street, Michael Moore è stato zittito perché s'era
atteggiato a capetto. Nella stessa occasione l'assemblea ha eletto un cane come
proprio leader. Roberto Saviano, invitato a parlare a New York, ha sollevato
critiche perché s'è rivolto ai manifestanti con distacco: "Io… voi…
il vostro futuro… dovete far questo e quello… il mondo vi
ascolta...". A Zuccotti Park fin dall'inizio sono stati rimossi i cartelli
con i simboli anarchici e comunisti. Sembra che oggi ci sia non solo voglia di
rimuovere i vecchi concetti di organizzazione e leadership, quello che nella
prassi chiamavamo "partito" e "avanguardia", ma anche ogni
riferimento alla divisione in classi. Il simbolo"Siamo il 99%" è
molto potente e più unificante di falce e martello, ma è indubbiamente
interclassista. Tuttavia non è solo una questione di pratica
"inclusiva", come dicono gli americani: è fin troppo evidente che da
molti anni il marxismo è decisamente in declino, anche se i librai dicono che
sono in aumento le vendite dei libri di Marx. Eppure negli anni '20 del secolo
scorso e anche nel dopoguerra, fino al Sessantotto e oltre, milioni di persone
avevano il marxismo come riferimento politico. È possibile che il fenomeno sia
in gran parte dovuto alla mistificazione stalinista, per cui il nostro
avversario ha avuto buon gioco nel definire "comunismo" il feroce
capitalismo russo, ma sono passati troppi anni dal crollo del Muro per credere
che lo stalinismo spieghi ancora la persistente diffidenza verso il comunismo.
Il grande movimento in corso ha estensione mondiale, ma senza una teoria della
trasformazione, un'organizzazione politica e una tattica da applicare non può
che spegnersi.
È una questione che in modo diretto o indiretto viene
riproposta con una certa frequenza. Nella teoria marxista della dinamica sociale
e in quella matematica delle reti, i "legami forti" (all'interno dei
nodi) e i "legami deboli" (fra nodi collegati) comunicano sempre in
doppia direzione. Chi fosse qualitativamente avvantaggiato dall'appartenenza a
un nodo storico molto forte (e ogni marxista ha indubbiamente un retroterra di
questo tipo), non potrà far parte di alcuno sviluppo quantitativo senza
collegarsi ad altri nodi attraverso i legami deboli. L'espansione di ogni
sistema a rete può solo avvenire tramite questa interazione. La teoria del
partito e del suo sviluppo si basa sulla premessa che vi sia una classe
proletaria numerosa, che all'interno della società si polarizzino gli individui
intorno a programmi antitetici, che si formino organismi per il coordinamento
della lotta immediata, che tutti questi elementi portino alla maturazione di una
"coscienza storica" in grado di "rovesciare la prassi",
cioè di influire sugli avvenimenti per indirizzarli verso uno scopo. Questa
coscienza storica per i marxisti è rappresentata dal partito.
Sorvoliamo per un momento sulle differenti concezioni intorno
al partito e diamo per scontato che questo non sia uno fra i tanti, con i suoi
iscritti, congressi, deputati, ecc. ma sia il vero anticipatore della società
futura. La questione del presunto declino del marxismo e della possibilità di
sviluppo rivoluzionario è talmente importante e vasta che occorre procurarsi
strumenti sufficienti, prima ancora che per rispondere, per formulare la
domanda. Partiamo da una definizione sintetica, ricorrente ma sbagliata:
"il marxismo è una scienza". Con lo stesso criterio dovremmo dire:
"il galileismo, il newtonismo, l'einsteinismo sono una scienza". Il
mondo intero ha dovuto fare i conti sia con Marx che con Galileo: dopo le
scoperte di fatto e di metodo dei due giganti, il mondo nanerottolo ha dovuto
salire modestamente sulle loro spalle se ha voluto vedere più lontano.
Però un momento: mentre nessuno, neppure il Papa, mette più
in discussione i risultati di Galileo, quelli di Marx non solo sono stati messi
in discussione di continuo, ma rischiano di venir dimenticati, ignorati. Eppure
hanno materialmente sconvolto il mondo non meno degli altri, tanto che la
borghesia è costretta ad adoperare alcune categorie marxiste, capitolando
ideologicamente di fronte al suo avversario. Di certo Marx non raccoglie molti
proseliti all'altezza della sua teoria. Si potrebbe dire: un conto è la scienza
fisica, un altro è la scienza sociale. Quest'ultima produce più
"opinione" che verifica sperimentale. Il ragionamento ha qualche
difetto: la teoria di Darwin riguarda il mondo fisico-biologico ma ha scatenato
ugualmente guerre d'opinione. Comunque anche l'evoluzionismo è ormai
vittorioso, persino i cattolici lo accettano come "disegno di Dio".
Ecco che la riformulazione della domanda, per quanto
imperfetta, ci ha permesso di arrivare alla risposta giusta: non è corretto
dire che il "marxismo" è una scienza; Marx, piuttosto, si è avvalso
del metodo scientifico per svelare le leggi che regolano il mondo sociale. Egli
stesso dice che Darwin ha fatto un lavoro analogo. Galileo, Einstein, Lenin,
tutti i matematici e fisici, magari antimarxisti, che ci spiegano la teoria
delle catastrofi o la fisica della storia hanno lavorato o lavorano per la
rivoluzione. Da questo punto di vista non sembra che il "marxismo" sia
in declino. Persino inconsapevoli economisti hanno deciso di misurare il PIL
secondo la legge marxiana del valore affinché ogni calcolo sia fatto alla
stessa maniera in ogni nazione e il risultato sia confrontabile. Il marxismo ha
presentato un fallimento storico perché... è diventato marxismo, cioè una
specie di religione, un'opinione generalizzata che produce contro-opinione
altrettanto generalizzata. La grandezza della nostra corrente sta in questo:
l'aver aperto la strada a una demolizione radicale della religione marxista. Si
sa che Marx disse di non essere marxista. È almeno da quel momento che si
poteva sapere come proseguire.
Perché dunque la teoria rivoluzionaria non ha più i milioni
di seguaci (in sintonia o meno con essa) che aveva una volta? Perché non ne ha
almeno un numero maggiore di quello attuale che si avvicina allo zero? In
realtà la teoria rivoluzionaria ha milioni e milioni di seguaci, infiltrati
ovunque, in ogni classe. Ma che se ne fanno di una religione in più? È di un
partito che hanno bisogno. Allora "facciamo il partito", propone
qualcuno. Ma anche questo punto è ormai risolto per sempre: i milioni di cui
sopra sono come l'energia, che può essere potenziale o cinetica; il partito
potenziale c'è già, quel che occorre è un movimento sociale che permetta la
trasformazione del potenziale in cinetico. Da partito storico a partito formale.
Tale movimento non si può "creare", ma se tutti coloro che si
identificano nel programma suddetto hanno la possibilità di aggregarsi in un
lavoro comune, allora non si crea nulla, si partecipa "semplicemente"
a un divenire storico che – rapporti di forza permettendo – si potrà
assecondare, amplificare, applicando quel rovesciamento della prassi che
caratterizza in modo "frattale" il partito della rivoluzione, dal
livello microscopico a quello delle grandi svolte storiche.
Stiamo vivendo un'epoca di grande trasformazione e i vari
movimenti che da questa primavera scuotono gran parte del mondo sono un sintomo
gravido di sviluppi. Come abbiamo cercato di mostrare su questa rivista, il
nostro pianeta non è mai stato così vicino a un rivolgimento pari soltanto a
quello che vide il passaggio dal comunismo originario alle società organizzate
in classi. E questo non perché ci siano degli uomini in moto dietro delle
ideologie, anzi; ma perché l'intera struttura del sistema capitalistico non
regge più alla sua stessa pressione. Ci sembra ovvio concludere con l'augurio:
è morto il marxismo (finalmente), viva la rivoluzione che sta mettendo in moto
non più coloro che si aggrappavano alle rivoluzioni passate ma chi incomincia
ad avvertire puzza di stantìo nell'ambiente che esse stesse hanno prodotto e
che poi la controrivoluzione ha fatto degenerare. Tutto il bagaglio concettuale
e persino lessicale del "marxismo" fa parte di una rivoluzione
addietro, quando non di due. È infatti un misto di illuminismo settecentesco
(progresso, democrazia e... "libertè, égalité, fraternité") e di
bolscevizzazione staliniana. Fallito il primo, grande tentativo rivoluzionario
comunista, la nostra corrente vide persino nello stalinismo una positiva
continuazione della rivoluzione borghese in Russia e in Cina. Quello che sta
succedendo oggi, che coinvolge ormai milioni di persone, stanche del capitalismo
anche se non lo dicono con i termini della rivoluzione passata, non è un
distacco dalla teoria rivoluzionaria, anzi, ne è l'affermazione.
sono molto d'accordo sull'ultima frase. sulla penultima sono cazzi suoi, personalmente non ho mai dato credito allo stalinismo e nemmeno al leninismo
RispondiEliminasul Marx non marxista evidentemente non sa da dove trae origine tale affermazione
"vide persino nello stalinismo..."
RispondiEliminaè un pò come dire che la storia ha sempre ragione; mi limiterei a non fare troppe deduzioni in merito
quel che c'è da dire è che, per come ho il polso della situazione, parecchi proletari esasperati (e neanche spendo un fiato sull' intellettualità compiacente) indugiano su chimere da socialismo reale, tutta energia che va di sicuro alla conservazione
il novecento stenta in ogni caso a passare, è ancora il riferimento per valutare l' oggi