Analizzando per sommi capi la faccenda catalana, il problema non è principalmente politico ma eminentemente economico. La massa
attrattiva del capitale tedesco impone standard che possono venire
raggiunti o meno da una adeguato management politico, mirando ad una
miglior integrazione con il suo status tecnologico, industriale,
commerciale, sociale. La Catalogna, nonostante alcune parti di
territorio ancora relativamente difficili da mettere a valore in maniera soddisfacente, gravita
attorno alla grande area metropolitana di Barcellona, con estensione
fino al porto di Valencia, e per essa vale il discorso già in atto nei
fatti della Kernel Europe. Forse però l'area tedesca non ha tutta questa
convenienza a far sviluppare poli industriali in potenziale diretta
concorrenza con i loro, in grado di recuperare il gap mediamente inteso.
Ad osservare l’ andamento dei bonos spagnoli, rispetto ai bund tedeschi e ai btp italiani, mi pare che a questa scissione non ha mai creduto nessuno, anzi mi viene da osservare che lo spread dei titoli italiani rispetto agli spagnoli, seppur sceso ai minimi degli ultimi 10 fatali anni, si è ridotto di pochissimo.
A mio modo di vedere quindi e' la dinamica dell' integrazione imperialista che soffia sulla brace delle tante nuove piccole patrie, in altri termini è il processo di aggregazione di un polo imperialista europeo che suscita scissioni atte a ridisegnarlo in maniera più omogenea, non il suo fallimento. Questo movimento "spontaneo" delle borghesie a interagire in maniera più efficiente può anche confliggere con la precedente strutturazione storico-politica, distillata da altri scenari interni ed internazionali, e il momento cruciale della crisi ne fa erompere tutta la necessità -se si vuole battere la concorrenza. Come si sa la storia la scrivono i vincenti: una legittimazione che affonda nel passato la si trova, se non c'è la si inventa, però è il presente che chiama a queste opzioni.
L' Europa presentata come un progetto federale di natura squisitamente politica è una truffa per il popolino, non regge la menzogna di imporsi come accordo win-win al tritacarne che è lo sviluppo economico unitario del capitale. E, nonostante la presunzione di cui sopra, fin dai tempi di Ventotene la necessità reale e non ideale di creare una terza, per i tempi, e originale aggregazione emerge abbastanza chiaramente -se non altro per contenere le stirpi germaniche che sciamavano per l' europa e l'america. Fu un disegno tratteggiato sulle linee tutte ideali dell antifascismo, allora ovviamente di gran richiamo demagogico, che di per sè non ha per nulla -oggi lo dovremmo sapere bene- contenuto anticapitalista. E ora si stupiscono per l' ondata populista?
Tutto questo ha ancora qualche conseguenza: non è estraneo ad esso l'attuale crisi della forma bipartitica (o bipolare) della democrazia rappresentativa e al evidente deficit di democrazia delle istituzioni comunitarie. Le destre sono legittimamente ritornate nello scenario politico europeo anche da un punto di vista nominale. L' assetto post bellico, finito nei fatti da un pezzo, mostra la corda anche nella sua rappresentazione politica e, forse, geopolitica.
Ad osservare l’ andamento dei bonos spagnoli, rispetto ai bund tedeschi e ai btp italiani, mi pare che a questa scissione non ha mai creduto nessuno, anzi mi viene da osservare che lo spread dei titoli italiani rispetto agli spagnoli, seppur sceso ai minimi degli ultimi 10 fatali anni, si è ridotto di pochissimo.
A mio modo di vedere quindi e' la dinamica dell' integrazione imperialista che soffia sulla brace delle tante nuove piccole patrie, in altri termini è il processo di aggregazione di un polo imperialista europeo che suscita scissioni atte a ridisegnarlo in maniera più omogenea, non il suo fallimento. Questo movimento "spontaneo" delle borghesie a interagire in maniera più efficiente può anche confliggere con la precedente strutturazione storico-politica, distillata da altri scenari interni ed internazionali, e il momento cruciale della crisi ne fa erompere tutta la necessità -se si vuole battere la concorrenza. Come si sa la storia la scrivono i vincenti: una legittimazione che affonda nel passato la si trova, se non c'è la si inventa, però è il presente che chiama a queste opzioni.
L' Europa presentata come un progetto federale di natura squisitamente politica è una truffa per il popolino, non regge la menzogna di imporsi come accordo win-win al tritacarne che è lo sviluppo economico unitario del capitale. E, nonostante la presunzione di cui sopra, fin dai tempi di Ventotene la necessità reale e non ideale di creare una terza, per i tempi, e originale aggregazione emerge abbastanza chiaramente -se non altro per contenere le stirpi germaniche che sciamavano per l' europa e l'america. Fu un disegno tratteggiato sulle linee tutte ideali dell antifascismo, allora ovviamente di gran richiamo demagogico, che di per sè non ha per nulla -oggi lo dovremmo sapere bene- contenuto anticapitalista. E ora si stupiscono per l' ondata populista?
Tutto questo ha ancora qualche conseguenza: non è estraneo ad esso l'attuale crisi della forma bipartitica (o bipolare) della democrazia rappresentativa e al evidente deficit di democrazia delle istituzioni comunitarie. Le destre sono legittimamente ritornate nello scenario politico europeo anche da un punto di vista nominale. L' assetto post bellico, finito nei fatti da un pezzo, mostra la corda anche nella sua rappresentazione politica e, forse, geopolitica.
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