domenica 24 marzo 2019

L' isola dei rifiuti

Anch' io, in un impeto mondano, do il mio contributo alla lotta contro il cambiamento climatico. Un pò mi vergogno, rispetto ai consumi personali sono sempre stato parecchio rilassato e, stante il fatto che non ho aspettato la crisi per non arrivare a fine mese, mi piace esagerare e non riesco ad avere per nulla la schiena diritta: tutto quello che il capitalismo produce a mio avviso va provato, assaggiato, toccato, visto ecc. Insomma sono corrotto fino al midollo e poco sensibile alla sobrietà e ai richiami ad un mondo più pulito.  Epperò non mi può non tornare in mente che la ricchezza, nel attuale modo di produzione, si presenta come un' immane raccolta di merci. Fatto il salto mortale, realizzato il loro valore sociale di scambio, probabilmente consumato il loro valore d' uso, eccole qui che ne tornano gli esoscheletri vuotati; le correnti oceaniche li hanno riuniti in una sterminata indistruttibile  colonia. 


Molti forse ignorano la sua esistenza: la grande "isola di plastica" del Pacifico è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, che secondo le ultime stime continua a crescere in maniera inarrestabile. Le navi e gli aerei della fondazione olandese Ocean Cleanup l’hanno percorsa in lungo e in largo e hanno contato 80mila tonnellate di frammenti in un’area grande tre volte la Francia. La massa di spazzatura e plastica, concentrata dalle correnti, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º parallelo Nord, è rappresentata dalla superficie di oceano in cui la concentrazione di rifiuti supera il chilogrammo al chilometro quadro e, fattore preoccupante, è 16 volte più alta rispetto a quanto si stimasse fino a ieri.


L’isola ha in realtà l’aspetto di una “zuppa”: non ha nulla a che fare con una nuova terra emersa. Ma sta diventando sempre più “densa” e per paradosso si trova a metà strada tra due famose mete turistiche come la California e le Hawaii. I nuovi dati – pubblicati su Scientific Reports - sono inquietanti perché parlano di una concentrazione di spazzatura che è passata dai 400 grammi per chilometro quadro degli anni ’70 a 1,23 kg nel 2015. Il 99,9% di questa spazzatura è plastica. Quasi la metà è formata da reti da pesca. Il resto è una quota dei 320 milioni di tonnellate di questo materiale prodotti ogni anno nel mondo. Uno di questi frammenti (una cassetta per le bottiglie d’acqua) ha ancora stampigliato l’anno di produzione: 1977.
Gli oggetti più grandi (50 centimetri o più) rappresentano il 53% della massa. Ma se consideriamo il numero dei frammenti, sono le microplastiche (meno di mezzo centimetro) a farla da padrone, con il 94% dei residui. In tutto la brodaglia contiene 1,8 trilioni di pezzi: 250 per ogni individuo del pianeta. Attraverso una serie di spedizioni oceaniche, The Ocean Cleanup sta studiando la massa totale e la distribuzione dei frammenti di plastica negli oceani, e metodi, tecnologie e strumenti di riciclaggio della plastica oceanica che siano economicamente e tecnicamente sostenibili. Nell'agosto del 2015 ha lanciato la cosiddetta "Grande Spedizione" (in inglese: Mega Expedition), in cui una flotta di circa 30 navi ha attraversato la grande chiazza di immondizia del Pacifico usando reti a traino chiamate "manta trawls" per misurare la concentrazione e la dimensione e scala della distribuzione della plastica in quella zona. I ricercatori, a bordo della nave madre RV Ocean Starr, hanno riportato di aver avvistato rifiuti di plastica di dimensione maggiore di quanto previsto nella grande chiazza di immondizia del Pacifico. Secondo il sito web di The Ocean Cleanup, questa spedizione è stata condotta in preparazione di una pulizia della grande chiazza di immondizia del Pacifico su larga scala, che l'organizzazione intende iniziare nel 2020.

5 commenti:

  1. ma guardi lei , Signor Zittito , eppure avevo riciclato e mi sentivo l'anima buona.
    Chiederemo a Greta di mettere il problema in agenda

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  2. se anche un post inutile come questo la fa sorridere, la sua missione è compiuta

    ;-)

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  3. ...l'ho messa sull'ironico, visto che di solito son cupo e pessimista.
    Direi purtroppo che se fosse vero che gran parte del riciclo della plastica sia stato un gran bluff, o almeno non poi così virtuoso come ce lo hanno raccontato, beh allora passerà il mio sorriso , e non solo il mio.
    come al solito vedremo...

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  4. perchè al centro della disputa c'è indiscutibilmente la tecnologia ?

    ovviamente perchè lì risiede la chiave per risolvere i nostri problemi in un senso oppure in un altro, o la guerra di tutti contro tutti o la pacificazione della lotta per l' esistenza, colte nella nostra epoca.

    lo sviluppo della scienza applicato allo sfruttamento del lavoro-merce contrasta la carenza di profitto qualificato che esso stesso crea, ristretto come è nei paletti della produzione di plusvalore che a sua volta lo alimenta

    profitto qualificato sempre più raro e per di più del tipo poco contendibile dalla concorrenza. hai voglia a dire che è il lavoro umano quello che mette in moto la faccenda

    l' immane raccolta di merci è indubbiamente la Sua forza empirica, vedi paesi appena approdati al capitalismo maturo

    è un visione ancora potente ma che, a partire a questi ultimi decenni, poco testimonia della smaterializzazione e relativa
    decuplicazione che la massa del valore ha intrapreso

    in questo senso ha un qualche peso criticare la finanziarizzazione capitalistica e aspettarsi una collisione fra le aspettative di remunerazione della sfera immateriale e il conteggio concreto del plusvalore prodotto

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  5. il valore d'uso viene consumato dal singolo, il valore di scambio presuppone invece " la società", che a sua volta presuppone la produzione che, diversamente da ieri, oggi è socializzata come non mai -sulla base dello sfruttamento

    è però ipotizzabile una sussunzione reale del valore d' uso da parte del valore di scambio, fenomeno associato alla stessa "socializzazione"

    in qualche maniera la concretezza a cui si richiama il concetto di valore d' uso non ne spiega del tutto il bisogno che se ne ha, una vecchia idea di Formenti

    per me è che anche "i bisogni" sono in movimento

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