lunedì 29 ottobre 2018

Le virtù dell' ignoranza





La classe intellettuale è adusa a interloquire solo tra sè e sè, avendo smesso da lungo tempo di interrogare la realtà, il più delle volte perchè troppo contraddittoria e paradossale per dei parametri dove tutto deve tornare liscio, senza vere pietre d' inciampo, riformabile.
Eppure anch'io, che contesto che un marxista possa essere un uomo di cultura, conosco la gioia che deriva dall effimero potere che dà l' aver afferrato saldamente un pezzetto significativo della mia e nostra realtà: oggi come ieri sfuggente, estranea, ostile.--- 


Quel che non si può misconoscere, invece, è il fatto che le due -che lo spirito illuministico volle strettamente legate, da Kant fino a Freud, son venute ormai separandosi nelle cose. Non é lecito invocare la Kultur contro la Zivilisation: il gesto imprecatorio, le formule esaltatrici della Kultur contro la società di massa, il diligente consumo di beni culturali a conferma del proprio gusto superiore nell’arredamento dell’ anima — tutto ciò precisamente é indissolubile da quel che la civiltà nostra ha di disgregato e disgregante. L’ invocazione della Kultur e' impotente.
Ma altrettanto vero e' che l' attivita' dell’incivilimento, come produzione e uso coltivato di meri oggetti strumentali e per di più spesso superflui, si e' resa ormai fine a se stessa in misura intollerabile, e che gli uomini non sono più o quasi piu' padroni di quest’apparato, ma suoi funzionari, ovvero consumatori coatti di quel che esso produce. Ma sarebbe falso arrestarsi a questa riflessione.

Gli aspetti della cosiddetta Zivilisation, di cui oggi soffriamo, erano originariamente presenti anche nelle celebrate epoche di Kultur; e, a meno di voler contestare la felicità umana in ogni sua forma, si è costretti pure a meditare la sorte degli schiavi che eressero le opere in cui la civiltà egizia fiorì come cultura ancor sempre celebrata, o quella delle masse medievali, senza la cui squallida esistenza le cattedrali gotiche non si sarebbero potute costruire, e chiedersi se quella sorte non fosse dopo tutto peggiore di quella delle moderne vittime del cinema e della televisione, che certo non vanno per questo levati agli onori.

Quel che la civiltà della tecnica dei nostri giorni ha di caotico e mostruoso non deriva né dall’ idea stessa di una civiltà tecnica né da una qualche essenza della tecnica come tale. La tecnica ha acquistato nella società moderna una posizione e una struttura ormai caratteristiche, il cui rapporto con i bisogni degli uomini é profondarnente incongruo: il male, dunque, non deriva dalla razionalizzazione del nostro mondo, ma dall’ irrazionalità con cui quella razionalizzazione si attua.

I beni della Zivilisation che ne fanno l’orrore sono strumenti di distruzione o beni creati dalla sovraproduzione che irretisce gli uomini con un suo apparato pubblicitario, tanto privo d’utilita'  quanto sapientemente affinato. Un’ automobile si puo' usare anche per sfuggire a ogni sorta d’ abiezione - Karl Kraus narra di aver usato la sua per poter ascoltare almeno una volta un usignuolo. Ma le carrozzerie monstre, che cambiano periodicamente di colore solo perché "si fa così", hanno qualcosa del malanno.

L’assurdo economico in cui la tecnica é impigliata, non gia' il progresso tecnico come tale, fa pesare la sua minaccia sulla cultura - e oggi, ormai, perfino sulla sopravvivenza fisica dell’umanita'. E' vero bensì che sta diventando difficile separare il progresso tecnico, non dalla Zivilisation, ma dall’ appiattimento nell’ idiozia, tanto gli uomini vengono via via più messi tra parentesi nel processo di produzione delle merci.

La tecnica é signora, non solo dei loro corpi, ma del loro spirito: e vi è un velo di mistificazione tecnologica, come vi é un  "velo monetario" noto alla teoria economica.

Quel che gli uomini formati dal moderno incivilimento sognano non è né un mondo redento né il Paese di Bengodi, in cui ciascuno aspetti che gli uccelli arrosto gli volino da sé nella bocca — ma semplicemente un' automobile di classe superiore a quella che posseggono, il prossimo gadget. A quest’ordine di finalita' assurdamente distorto, cui nessuno può riuscire a sottrarsi, non sapra' por rimedio un ritorno alla sostanzialità della Kultur, destinato comunque a restar chimera, ma soltanto lo sforzo di spingere l' attuale incivilimento, positivamente, al di la' di se medesimo.

Quel che la Kultur in tutte le sue forme ha sempre soltanto promesso, verra' realizzato dalla Zivilisation quando essa si sia tanto estesa e fatta libera che non vi sia più fame sulla Terra.

2 commenti:

  1. leggo la frase finale come auspicio, ma a voler essere realisti faremo prima a morire tutti che a liberare la terra dalla fame e dallo sfruttamento. e d'altra parte che fare se non provarci e riprovarci?

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  2. abbandonando attivamente le illusioni è molto più difficile ma è l' unico modo adatto

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