venerdì 28 agosto 2015

L' area pacifico e la dipendenza cinese



Estratto di un report di analisti finanziari, si documenta sinteticamente la forza attrattiva del Capitale made in China a sussumere a sè i flussi commerciali di tutta la regione Far East Asia-Pacifico. Qualcuno l'aveva capito centocinquantanni fa che fra le due sponde di quell' oceano si sarebbe giocata una partita decisiva per le sorti mondiali.

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 La Cina ormai da diverso tempo ambisce a far divenire la sua moneta, lo yuan, una divisa di riferimento, una di quelle presenti nel basket del FMI monetario.
L' ’autorità internazionale ha però dichiarato la scorsa settimana che i tempi sono al momento prematuri ma gli economisti del FMI ritengono che sia questione di pochi mesi affinché ciò avvenga.
La decisione delle autorità cinesi avvenuta l’' 11 agosto che ha deciso a tavolino una svalutazione di circa l' ’1.9%, per poi procedere ad una nuova svalutazione dell’' 1.6% , sicuramente però non contribuirà ad accelerare questo processo di “normalizzazione”. E’ assai probabile che questa mossa intensificherà la guerra valutaria in atto, in varie forme, a livello globale. 

Il rallentamento della Cina è piuttosto evidente e questo si può apprezzare anche dalla dinamica economica dei diversi paesi appartenenti all ’area asiatica-pacifica e non solo emergenti.
L' ’Australia, ad esempio, è il maggiore partner commerciale della Cina e negli ultimi anni ha visto un' ’elevata crescita dei prezzi delle case ma è possibile che ' l’incremento dei redditi futuri aiuterà a sorreggere i consumi interni. Il calo dei prezzi delle commodities determinerà invece, oltre ad un ridimensionamento dell’' export, anche un taglio degli investimenti nell' ’importante comparto minerario. Per l’' Australia la discesa del prezzo del greggio è un fattore di stimolo, in quanto si tratta di un paese caratterizzato dalla predominanza del trasporto su gomma. All' ’annuncio della decisione cinese di svalutare lo yuan, il dollaro australiano si è deprezzato rispetto all ’euro di oltre il 2%, permanendo in una fase di debolezza che in precedenza aveva determinato una discesa del 10% rispetto ai massimi dell ’anno, mostrando peraltro una forte erraticità dei prezzi. E'’ opportuno segnalare come la svalutazione della valuta incrementerà le entrate derivanti dal turismo senza ovviamente compensare il minor contributo proveniente dalle entrate minerarie. 

Nel caso di Hong Kong, oltre all ’ovvio legame con la Cina, il paese ha intense relazioni commerciali con USA e zona Euro e il rafforzamento ciclico di questi due giganti dovrebbe contribuire a controbilanciare il rallentamento in corso nella terra ferma. Il legame con la “mainland” è apprezzabile anche nel settore dei servizi di cui l' ’ex colonia britannica è un grande esportatore. Il declino del prezzo del greggio ha una influenza contenuta sulla dinamica economica mentre la forza dello yuan ha consentito di mantenere una sostanziale stabilità nell' ’area, ma con la doppia svalutazione pilotata si è assistito ad una debolezza diffusa delle divise, espressione dei principali partner commerciali della Cina rispetto al dollaro USA. 

Come già enunciato il principale legame che lega i paesi del Pacifico e la Cina sono le materie prime industriali, in quanto quest’ultimo consuma la metà dell’intera produzione mondiale di minerale di ferro, carbone e rame; si teme perciò che questa svalutazione possa incidere sui già deboli corsi delle materie prime. 

E'’ emblematico come i players australiani operanti nelle materie prime abbiano visto un crollo del 50% degli utili. E'’ interessante notare come anche il costo di produzione si sia drasticamente ridotto grazie alla discesa del prezzo dei combustibili. Le società minerarie stanno rispondendo perciò riducendo in modo considerevole gli investimenti in conto capitale attuali e prospettici.
Diverso ancora il caso di Singapore che è al centro dei flussi commerciali e, in particolare, della finanza dell' ’intera area. Il paese è influenzato dall’ andamento dell' ’economia cinese ma presenta una struttura e sta sviluppando “skills” importanti anche nel campo tecnologico seppur non rappresentato a livello di capitalizzazione di mercato.

Le svalutazioni competitive avvenute in passato nell' ’area sono state sempre pericolose ed è necessario prestare estrema attenzione. E'’ utile segnalare come proprio un' ’azione di questo tipo da parte del governo thailandese innescò nel 1997 la più grave crisi che ha interessato l' ’area asiatica.
La situazione appare decisamente diversa ed è possibile che la bufera di questi giorni possa risolversi con danni contenuti.


12/08/2015 16:11 - NoRisk

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