Ennesima puntata della guerra in Europa: la piccolissima borghesia, conservatrice quando gira bene e reazionaria quando gira male, va al potere politico. E trova già un certo appoggio ideologico. In Italia iniziano a vedersi inversioni a U di alcuni intellettuali ed economisti. Dice bene Salvini quando afferma che la contrapposizione è tra il popolo e le elite, poichè il proletariato è sempre più silente.
L'appello è senza precedenti. Ben 154 economisti tedeschi hanno
firmato un durissimo manifesto contro Emmanuel Macron e Mario Draghi,
pubblicato su Faz.net, il sito della Frankfurter Allgemaine Zeitung.
Senza citarli per nome, i più prestigiosi tra i docenti tedeschi di
economia (compresi Hans Werner Sinn e Thomas Mayer, consiglieri di
Angela Merkel, più Jurgen Stark, ex consigliere della Bce) bocciano
senza appello sia le riforme dell'eurozona proposte dal presidente
francese, sia la politica del Quantitative easing (acquisto di titoli di
Stato) voluta dal presidente della Banca centrale europea (Bce). In
sintesi: basta con le concessioni fiscali da parte dell'Ue ai paesi
indebitati e indisciplinati come l'Italia, basta con la politica
monetaria permissiva, ma sì soltanto alle riforme strutturali.
Se
mai la cancelliera Angela Merkel dovesse fare propri i cinque punti
elencati nel manifesto dei 154 economisti, e portarli al vertice europeo
di giugno in cui si dovrà discutere il futuro dell'Ue, lo scenario a
cui eravamo abituati da anni ne uscirebbe sconvolto. Fine dell'asse
franco-tedesco. Fine del Quantitative easing. Eurozona a pezzi e Unione
europea da rifondare ex novo. Il che potrebbe risultare una lama a
doppio taglio per l'Italia, se sarà rappresentata da un governo
Lega-M5S: una situazione ottima (direbbe Mao Tse Tung) per «rinegoziare i
trattati», obiettivo dichiarato di Matteo Salvini e Luigi Di Maio; ma
anche pessima, se dovesse scattare, su iniziativa tedesca, uno stop
drastico alla flessibilità dei bilanci pubblici e alle politiche di
spesa in deficit.
Dei cinque punti del manifesto, il più duro è il
quinto, che prende di mira nello stesso tempo Macron e Draghi: «Un
ministro europeo delle Finanze, dotato di una capacità di bilancio e con
un ruolo di interlocutore della Bce, contribuirebbe a una ulteriore
politicizzazione della politica monetaria. Gli ingenti acquisti di
obbligazioni da parte della Bce (2.500 miliardi di euro fino a settembre
2018) già ora possono essere equiparati a una monetizzazione del debito
da parte della banca centrale europea». Monetizzazione che lo statuto
della Bce non consente, ma attuato da Draghi con acquisti di titoli di
Stato sul mercato secondario invece che su quello primario. Un'astuzia
figlia del «whatever it takes» (a qualsiasi costo) pronunciato da Draghi
per difendere l'euro, ma vista dagli economisti tedeschi come il fumo
negli occhi.
Da qui la loro
indicazione sul cambio di rotta: «Il principio di responsabilità è una
pietra miliare dell'economia sociale di mercato. L'unione fondata sulla
messa in comune delle responsabilità, mina la crescita e minaccia la
prosperità di tutta l'Europa. Ciò è evidente nel livello salariale
sempre più basso, soprattutto tra i giovani. Pertanto chiediamo al
governo federale di tornare ai principi di base dell'economia sociale di
mercato». Sembra incredibile, ma i bassi salari e la disoccupazione
giovanile in Europa, per i 154 economisti crucchi, non sono un frutto
avvelenato dell'austerità, come è ormai assodato, bensì colpa della
politica accomodante di Draghi. Un falso, da cui fanno discendere la
stessa cura di sempre, vale a dire: ancora più austerità.
Testuale:
«Invece di creare nuove linee di credito e incentivi verso cattive
condotte economiche, è importante promuovere riforme strutturali. Il
privilegio garantito ai titoli di Stato nella gestione del rischio delle
banche deve essere abolito. L'eurozona ha bisogno di una procedura di
insolvenza ordinata per gli Stati e di una procedura per l'uscita
ordinata (ovviamente dall'euro; ndr). L'unione nel mercato dei capitali
deve essere completata, anche perché i movimenti di capitale compensano
gli shock asimmetrici. Nel consiglio Bce è necessario collegare i
diritti di voto con le responsabilità. I saldi Target devono essere
compensati con regolarità. Gli acquisti di titoli di Stato devono
cessare immediatamente». Da notare le ultime due frasi: con la prima si
chiede all'Italia, senza citarla, di restituire 400 miliardi di debiti
Target 2 maturati nel bilancio della Bce (dove per la Germania sono
maturati crediti per 900 miliardi); con la seconda si ordina a Draghi di
porre fine all'acquisto dei Btp italiani.
Quanto alle riforme
proposte da Macron, i primi quattro punti del manifesto non gli danno
scampo. Primo: il meccanismo europeo di stabilità (Esm) non dovrà mai
essere utilizzato «come strumento di riassicurazione per il risanamento
delle banche, poiché verrebbe meno per gli istituti di credito e per le
autorità di controllo ogni incentivo a ripulire i bilanci dai crediti
inesigibili. Questo a spese della crescita e della stabilità
finanziaria». Secondo: no alla trasformazione dell'Esm in un Fondo
monetario europeo, come chiede Macron. «Il Fondo finirebbe sotto
l'influenza di paesi che non sono membri dell'eurozona. Poiché i singoli
paesi perderebbero il diritto di veto sulle decisioni urgenti, i paesi
creditori (Germania in testa; ndr) potrebbero essere messi in minoranza.
Così, ad esempio, il Bundestag tedesco perderebbe il suo diritto di
controllo".
Terzo: no alla messa in comune del sistema di garanzie
dei depositi bancari. Se ciò avvenisse, «verrebbero socializzati anche i
costi degli errori che le banche e i governi hanno commesso in
passato». Quarto punto: no al «Fondo europeo per gli investimenti e per
la stabilizzazione macroeconomica», e no al «Fondo per il sostegno delle
riforme strutturali». Il motivo: «Porterebbero ulteriori trasferimenti e
prestiti a favore di quei paesi della zona euro che in passato hanno
evitato di fare le riforme necessarie. Sarebbe un errore premiare una
condotta sbagliata». L'ennesima bordata contro l'Italia, ma anche contro
la Francia di Macron, che di riforme strutturali, finora, ne ha fatte
meno del nostro paese.
Nessun commento:
Posta un commento
Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.