venerdì 24 marzo 2017

Tutta mia la città



L' estratto marxiano ricapitola l' abc delle singole categorie economiche -viste in dialogo tra loro e con la loro contraddittoria organicità- e da qui anticipa la "società di soli servizi" che mi pare essere l' immagine che si vorrebbe dare il capitalismo 4.0 dei nostri tempi.

Da sempre il Capitale, nelle sue componenti d'avanguardia, mira ad "emanciparsi" dalla produzione delle merci senza per altro ovviamente riuscirvi, ed è questo il compito che ha cercato di assolvere la nuova divisione internazionale del lavoro, dove la produzione di plusvalore si è obbligatoriamente concentrata in alcune aree del mondo lasciando ad altre aree "un numero stragrande di funzioni attualmente indispensabili, ma in sé e per sé superflue", ovvero quello che noi chiamiamo terziario più o meno avanzato.


Qui lo dico e qui lo nego, nel senso che questo confine è spesso interno alle varie nazioni ed è tracciabile fra la megalopoli, alcuni distretti regionali e il resto del paese a minor concentrazione di capitali.

Istanbul, Milano, Shangai hanno così potuto prendere quel aspetto di città dove sembra che tutti siano indaffarati a cogliere e ad assolvere le occasioni di businnes offerte da questo diverso e circolatorio mappamondo socio-economico, in cui non si coglie più la presenza operaia, ovvero della produzione primaria su cui tutto tuttora si regge.

Peraltro ancora una volta rimarco che il castello di carte del capitale finanziario (denaro come mezzo di pagamento tra privati), per quanto come definito da Marx "fittizio", definizione ineccepibile ma da capire, non può mai essere "puramente" finanziario ma è l' elevazione al cubo (la proiezione nel tempo) che ha radice, magari lontanissima, nella desiderata profittabilità di capitali produttivi o nelle auspicate rendite provenienti da solide proprietà. Certo che il denaro può produrre denaro, il singolo investitore quando esce dall' investimento con profitto ne assapora tutta la sua concreta sensualità; in ogni caso bisogna continuare a scorgere tutta la montagna e non solo la vetta, anche quando la bassa quota, quella a cui sta il lavoro produttivo di nuovo valore, è nascosta ai nostri occhi dalla fantastica fenomenologia capitalistica.

Per venire al punto che ci interessa, quello che poi potrebbe spingere qualcuno "a leggere due o tre volte", da quello che dice Marx non discende per nulla una riproposizione ipso facto della centralità operaia, centralità che nel tempo della robotica ha una base almeno numerica molto incerta. Neanche dalla Cina, tanto per dire, ho avuto notizie di rivendicazioni politiche -se non di tipo liberale- ma solo sindacali.

Per conto mio debbo ancora imparare a confrontarmi con quei ceti medi che -pur in assenza di una missione storica specifica- sentono acutamente di non avere più in mano il pallino politico della situazione e che vedo, per certi versi, meno disposti a seguire le vecchie strade compromissorie. Non fosse che a leggere Marx si vergognano della loro posizione rispetto al Capitale, quando non se ne fa certo una questione etica, secondaria e derivata, ma di oggettività sociale.

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