domenica 9 febbraio 2020

La volatilità delle supply chain



Devo dire due parole sulla faccenda coronavirus che già questa settimana sembra derubricata a faccenda locale: ogni nazione fa la conta dei propri infetti e deceduti e si va avanti così. Ora, detto spassionatamente, dei malati e morti cinesi non gliene fotte niente a nessuno -nonostante ci siano, con oggi, circa 400 milioni di persone tra monitorati o direttamente all' interno del cordone sanitario- l' unica cosa che conta è l' impatto economico nei prossimi trimestri.

Non mi ci metto certo io a fare i conti, Goldman Sachs  quantifica per il PIL cinese una perdita tra lo 0,4 e l' 1,5%, posto tutto il PIL 2020 in crescita del 6% anno su anno. Il contributo cinese alla crescita globale invece è del 17% e la previsione 2020 del PIL mondiale è inferiore al 3% y/y,  ad essere ottimisti. Un' idea così ve la potete fare anche voi con semplici equazioni. In realtà nessuno sa quanto tempo durerà questa cosa e  se le previsioni di 3 mesi per ottenere e produrre un vaccino siano realistiche.

E questo è, diciamo così, il solito modo materialista volgare di vedere le cose, fa il paio con quello che continua a desumere conseguenze facendo il parallelo con la SARS del 2003. La storia non si ripete uguale a se stessa, l' analogia un metodo logico spuntato, anche se a volte non se ne possiede un altro.

Come sapete, nella mia visione disfattista ma non catastrofista sulla sorte del capitalismo mondiale, visione per cui mai si è usciti dalla crisi del 2007, vedevo l'economia mondiale ben più traballante di quanto spacciassero i vari report delle case di investimento - e a cascata dei pennivendoli di tutto il mondo. L' accordo " phase 1" sul trade deal aveva solo sancito un riequilibrio della bilancia commerciale fra USA e Cina a scapito di altri fornitori ma non aumenta per nulla la torta dei commerci cioè delle produzioni. Invece cambia velocemente i rapporti di forza e la loro percezione: borse americane sui massimi assoluti e quelle cinesi molto molto meno entusiaste, prima della pandemia ovviamente.

Il principale problema che fu messo a fuoco da tutti dai primi due anni di guerra delle tariffe, cioè l' incertezza sul prezzo e sulla continuità delle forniture, era già da tempo considerato un problema strategico, un problema che già iniziava ad essere affrontato sia dal lato delle alternative-paese sia dal punto di vista tecnologico (vedi per es qui, qui, qui e altrove nel blog)

In altri termini globalizzazione e deglobalizzazione come momenti escludenti l' uno dell' altro non hanno senso se non  congiunturalmente e così anche il de-coupling economico: joint-venture che si formano e si sciolgono lungo i sentieri che gli interessi a breve o a lungo tracciano, le narrazioni seguono.

Update del 27 feb: alcuni miei commenti lasciati in settimana sul blog Diciottobrumaio:

 a mio parere lo stato delle cose mostra la sua debolezza, le epidemie non sono certo una novità. vedremo come la gestiranno quando diverrà pandemia, si stanno cagando addosso
questa pandemia è da pesare sul impatto economico e non sulla mortalità. siamo 7 e più miliardi, cosa vuoi che importi. dato che la borghesia pensa di riuscire a cavarsela manu propria anche stavolta, quel mezzo esserino dà proprio noia, mostra tutta la fragilità intrinseca della baracca. negli US hanno fatto meno di 500 tamponi in tutto, tanto per dire
insisto: per questa si muore in percentuali ben più alte dell' influenza ma dal punto di vista del profitto la iattura vera è che quelli che rimangono vivi sono molto meno attivi nella loro performance sociale. la pandemia potrebbe avere un impatto economico tra i maggiori della storia, giunge in un momento delicatissimo delle relazioni internazionali, delle condizioni finanziarie e dell' industria in particolare. l' unica roba che può fermare la valanga è il vaccino -che infatti si stanno sbrigando a fare. san francisco città ha dichiarato l' emergenza. se c'è diffusione, come penso, anche negli stati uniti, diventa complicato parecchio
questi del CDC sono dei cazzoni, ancora non hanno pronti i kit diagnostici, i primi sfornati avevano un reagente che non funzionava. può darsi, la vedo dura, che questa storia entri anche nelle presidenziali

Sotto articolo da Bloomberg di qualche giorno fa, da non leggere come nuovo strombazzato allarme per l' economia mondiale ma come ancora incerta presa d' atto che la modifica delle supply chain è conclamata e alcuni si erano già mossi in questo senso. La cosa richiede tempo visti i volumi del traffico, il coronavirus però non ne è la causa ma un catalizzatore che accelera un processo già resosi necessario.---

Proprio mentre l'oscurità della guerra commerciale che pesava sui produttori di macchinari giapponesi si stava sollevando, il coronavirus colpì. E adesso? Ogni risposta deve rendere conto della nuova realtà: le catene di approvvigionamento in Cina sono sempre più instabili. Era stata avviata una vera ripresa . L' indicatore attentamente monitorato del ciclo delle spese in conto capitale, gli ordini di macchine utensili sono aumentati del 10% a dicembre da novembre, quando avevano toccato il minimo pluriennale. Macchinari che aiutano a realizzare apparecchiature 5G e parti di automobili elettriche   è stato il top nelle menti degli investitori, con i prezzi delle azioni delle società che forniscono questi componenti in aumento nell'ultimo anno, nonostante i guadagni più bassi. Gli ordini di robot industriali, un indicatore per le aziende di automazione, dovrebbero aumentare del 6% quest'anno, secondo quanto riferito dalla Japan Robot Association il mese scorso, prima che le paure sul coronavirus diventassero pervasive. Fanuc Corp. ha superato le aspettative di prestazione nei suoi ultimi risultati.




Quell'entusiasmo si è arrestato bruscamente. Il virus della diffusione ha paralizzato le fabbriche in Cina e ha interrotto le catene di approvvigionamento da cui le aziende di macchinari dipendono per servomotori, sfere a vite, ingranaggi e altri componenti destinati alla fabbricazione di robot industriali, macchine utensili e apparecchiature di automazione industriale.
 

Ci sono rischi sia per la domanda che per l'offerta.
 
Le aziende globali che alimentano le linee di produzione in Cina non sono ancora sicure di come un cambiamento nel flusso di merci e parti le influenzerà ancora. Nessuno può dire quando sarà sicuro per i lavoratori tornare e quando le piante potranno tornare online. Questo è di nuovo un duro colpo per i produttori di macchinari. Quanto durerà? Un quarto? Due? Non sono più le incertezze della guerra commerciale su come tariffe costose formeranno i prezzi di rifornimenti o parti. La domanda è "se ci sarà  offerta oppure no".

Alcuni settori dovranno affrontare carenze più gravi in ​​base alla loro dipendenza dalla Cina. L'industria manifatturiera giapponese di apparecchiature elettriche importa $ 96,6 miliardi di parti e componenti, o beni intermedi, destinati ai prodotti finali. Di questo, il 5,6% proviene dalla Cina. È un'immagine simile per i produttori di macchinari. Una recente analisi di Nomura Holdings Inc. mostra che queste industrie dovranno affrontare grandi colli di bottiglia nella produzione, ostacolando la loro capacità di fornire e vendere macchinari. Ciò avrà un impatto sulle centinaia di fabbriche che si affidano alle loro attrezzature.
 

Quindi c'è domanda. La sete cinese di macchinari e robot ad alta tecnologia ha favorito i giganti giapponesi dei macchinari industriali. La quota di mercato dei marchi stranieri è quasi il doppio di quello dei rivali nazionali. Nel suo tentativo di avanzare sulla curva tecnologica, Pechino ha erogato sussidi ai produttori locali per la tecnologia intelligente e l'automazione industriale.

Ma ecco la questione. La domanda in Cina si era già indebolita, influenzata dalla fiducia nei confronti del commercio, dai problemi di bilanciamento fiscale di Pechino e da una campagna di riduzione della leva finanziaria [prontamente rientrata già da mesi e rafforzata questa settimana- nota mia]. Una crisi di fiducia ha ostacolato i produttori locali. Le aziende industriali cinesi sono state tra le prime toccate. I loro bilanci erano sotto tensione e il capitale circolante era più difficile da gestire. Le spese in conto capitale e gli investimenti nell'automazione industriale sono scesi a causa della carenza di liquidità e di un approccio di attesa.
 

  In teoria, le società straniere dovrebbero ormai aver rivalutato quanto possono appoggiarsi alla Cina per domanda e offerta. Costruire capacità in altre parti del mondo desiderose di salire nella catena del valore, anche se devono ingoiarne i costi, è un modo. Fanuc, ad esempio, ridusse gli ordini dalla Cina e trovò crescita altrove.

La Cina si è dimostrata molto dolorosa per le aziende che dipendono dal operare sul suo territorio o che hanno poca scelta, come il produttore di macchine per l'edilizia Komatsu Ltd. o Hitachi Construction Machinery Co. Pechino ha spinto i propri produttori nazionali a spese di concorrenti stranieri mentre l'attività di costruzione riprendeva prima che il virus colpisse.

Parte della loro sfida è che le macchine e le aziende legate all'automazione industriale non stanno aggiungendo capacità in grande stile, ma stanno invece aggiornando. Ciò significa che i volumi altrove non possono compensare i grandi numeri persi in Cina. Nel frattempo, la domanda di macchine dell'industria automobilistica e degli smartphone è stata volatile a causa dell'evoluzione verso le auto elettriche e le unità di elaborazione migliori.
  
Le aziende probabilmente diranno (per i prossimi trimestri) che il virus - come la guerra commerciale - è un problema unico. Ma vale la pena chiedersi se si vogliono affrancare dalla Cina. Con tutto quel passato lato positivo fatto di un vasto mercato, di domanda e del sostegno del governo, adesso c'è molto da perdere. Imparare a lottare con una Cina non così affidabile è una scommessa intelligente. Quando accadono cose eccezionali su base regolare, c'è una nuova normalità.
 

10 commenti:

  1. come lei nota, signor Zittito, sembra che la cina stia perdendo il fascino per il capitale straniero , o faremmo meglio a dire, per il capitale US o capitale tout cour.
    Ed ha anche evidenziato le più importanti ragioni di ciò.
    Immagino che il divenire dipenda anche da quello che vorranno fare i grandi trust cinesi e se vorranno accettare e/o si troverà il modo di far accettare miti consigli.
    D'altra parte di altre cose non fotte niente a nessuno , e fatti fummo per viver come bestie.
    Ma le vie del business a volte sono infinite.....
    Auguri di buon anno del topo.

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  2. a mio avviso dal punto di vista strategico le vie della seta segnano il cammino geografico su cui la divaricazione dai capitali stranieri sarebbe dovuta avvenire, almeno così nelle intenzioni della dirigenza cinese, pur portando il debito al 300% del pil. ora questo stop non solo potrebbe sicuramente rallentare il progetto ma potrebbe in parte rimescolare le carte. leggo ora che Foxconn non riaprirà oggi. bel casino. mors tua, vita mea: qualcuno approfitterà del vuoto di produzioni profittevoli e segnerà punti a suo favore

    buon anno del topo? eh eh eh

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    1. poste fuori dalle aree dei primi livelli di pericolosità, samsung e lg riaprono

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    2. news parzialmente errata su foxconn:

      #Foxconn said its factories in #China are resuming production “in batches” and “in an orderly manner” based on requirements of work resumption of local govts, after reports claimed the firm canceled its plan to restart work on Mon.

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    3. ....se penso che nel precedente lavoro avevamo scelto una fonderia di wuhan come luogo di produzione previsto per primavera 2020...
      c'e' la vie

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  3. ...e comunque la situazione in cina sembra da film di hollywood: racconta moglie che tutte le province intorno all'hubei sono in stato di pre-quarantena
    vietati gli spostamenti non necessari, cibo acquistabile solo su internet (a prezzo doppio) e così via....
    come al solito vedremo

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    1. ricordo che parlò della fonderia di Wuhan in un suo commento, grazie delle informazioni

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  4. ciao Olympe scusa ma non guardavo più la piattaforma
    ho visto "parasites", un film che pone un problema di classe
    ha vinto oscar e cannes
    borghesia classe inconseguente

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